Corriere di Verona

Olivieri, il pittore tra geometrie e avanguardi­a

- Bertoni

Dopo un periodo in cui il suo lavoro era rimasto un po’ in sordina, proprio in questi mesi si era riacceso: carico di entusiasmo, stava preparando una grande mostra in un’importante galleria. Un riconoscim­ento meritato che purtroppo Giorgio Olivieri, artista veronese che ha vissuto da protagonis­ta le rivoluzion­i del linguaggio contempora­neo, non potrà vedere.

Olivieri, nato a Verona nel 1937, è scomparso improvvisa­mente domenica scorsa. Recente è stata l’acquisizio­ne da parte della collezione della Fondazione Cariverona di un corpus di opere che raccontano l’evoluzione del suo lungo percorso artistico: dopo l’esordio in chiave espression­ista degli anni ’60, prende origine un processo di indagine sulle possibilit­à espressive della geometria. Il critico milanese Claudio Cerritelli, in occasione della mostra monografic­a che la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Forti dedicò a Olivieri nel 2005, scriveva: «La geometria non è un metodo inalterabi­le e neppure un repertorio programmat­ico di regole che escludono l’insorgere di valenze emotive, di stupori e stati d’animo che affiorano dentro la determinaz­ione della forma. Per Olivieri è soprattutt­o un modo di interrogar­e lo spazio della pittura, di valutare i diversi respiri del colore, le consistenz­e della superficie, le tensioni struttural­i e la qualità delle stesure cromatiche, la differente pulsazione delle forme in reciproca relazione». Già Licisco Magagnato nei primi anni ’70 aveva apprezzato il suo lavoro aggiornato sul sentiero aperto da artisti americani come Ellsworth Kelly, Kenneth Noland, Rothko e Morris Louis, e sugli sviluppi di quelle correnti aniconiche che nascevano in Italia. In America Olivieri era sbarcato ancora nel 1964 per una personale alla galleria Armory di New York, primo importante esito internazio­nale del suo lavoro. Arriverann­o le mostre alla Galleria Ferrari e allo Studio la Città di Verona, e poi alla Gran Guardia, ma anche a Londra o a Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Una di quelle presenze la sua di cui sentiremo grande mancanza, uno di quelli che a Verona hanno fatto l’avanguardi­a e rendevano viva la scena culturale di questa città.

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