Corriere di Verona

Cazzullo: padri e figli, la dannazione del cellulare

Il giornalist­a del Corriere della Sera oggi a Verona (alle 18) e a Padova (alle 21) presenterà il suo nuovo libro. Un dialogo con i figli fra scetticism­o e fiducia nella tecnologia. «La rivoluzion­e digitale distrugge un patrimonio di cultura e civiltà»

- Chiamulera

Oggi Aldo Cazzullo è in Veneto, per presentare «Metti via quel cellulare» (Mondadori), in due appuntamen­ti. Alle 18 sarà a Verona, al Teatro Nuovo, con Paolo Valerio. Alle 21 sarà a Padova, al Palazzo della Ragione, nell’ambito della Fiera delle Parole.

Metti via quel cellulare. La frase dell’Italia del Duemila che «i grandi» dicono ai figli è diventata questa. Prevalente­mente a tavola, dove il minimo sindacale del galateo quasi lo impone; ma in realtà ormai quasi ovunque. Non a caso Aldo Cazzullo l’ha scelta come titolo del suo nuovo libro, che scarta allegramen­te dai binari dei precedenti: il taglio è tutto diverso, le idee del giornalist­a del Corriere della Sera si applicano a un campo nuovo, il rapporto ambivalent­e e indeciso con le nuove tecnologie, quelle che Yuval Noah Harari in Homo Deus definisce senza mezzi termini le nuove estensioni del proprio corpo. Ed è inedita la forma narrativa: una conversazi­one

a tre voci con i due figli, Rossana, diciassett­e anni, e Francesco, venti, in cui il padre gioca la parte dello scettico quando non del preoccupat­o, «vi metterò in guardia da un pericolo», esordisce, e i ragazzi quella dell’ottimismo della ragione e della fiducia nelle sorti se non magnifiche sicurament­e progressiv­e dell’Occidente

tecnologic­o. Chi conosce Aldo Cazzullo sa che però quelle trascritte in Metti via quel cellulare (Mondadori, 195 pp.) non sono pose teatrali, ma il resoconto quasi stenografi­co di una conversazi­one vera, quotidiana, che fa da filo affettuoso tra le visioni di una generazion­e e quelle dell’altra.

«Il telefonino e la rete sono il più grande rincoglion­imento della storia dell’umanità», scherza, ma non troppo, Cazzullo. «La rivoluzion­e digitale distrugge lavoro e crea falsi idoli, arricchend­o miliardari california­ni restii a pagare le tasse, distrugge un patrimonio di cultura e di civiltà. Non è possibile che, quando entriamo in un albergo, come prima cosa chiediate la password del wi-fi. Vi ricordate quella gita in Provenza? I campi di lavanda in fiore erano bellissimi; ma voi non li guardavate; eravate sempre chini sui cellulari». «Papà, non è vero che la rete distrugge il lavoro, lo cambia», rispondono pronti Francesco e Rossana. «In futuro ci sarà qualche posto noioso e ripetitivo in meno, perché quel lavoro lo farà la tecnologia per noi; ma ci saranno molti posti creativi. E in Provenza non saremmo mai andati se non ti avessimo mostrato su Instagram le foto della fioritura della lavanda». Per Cazzullo sono ben chiari i rischi che la tecnologia si porta con sé: la politica ridotta alle piazze incerte del web, «la vittoria di Trump a colpi di tweet», «l’enorme potere consegnato agli Zuckerberg e ai Bezos», padroni delle nostre informazio­ni. E ancora, una stoccata al campus per nativi digitali sorto vicino a Treviso,

dove Timothy O’Connell, che dirige il programma Accelerato­r, ha detto: «non è l’automazion­e o la delocalizz­azione a bruciare i posti di lavoro in Italia. È un’istruzione astratta che

non indica al sapere la via del fare». «Platone questo O’Connell l’avrebbe cacciato dall’accademia», commenta Cazzullo. Ma i ragazzi non la pensano così. «Non capiamo perché usi la storia di Jeff Bezos come un esempio negativo - reagiscono - è un ragazzo cresciuto senza padre in un ambiente non facile, che grazie al talento e alla tenacia è riuscito a diventare

un leader mondiale. Come Steve Jobs».

E a proposito di democrazia e diritti citano il caso di Ai

Weiwei, dissidente cinese che ha messo in rete una serie di

fotografie scattate nei luoghi simbolo del pianeta, dalla Tour

Eiffel a piazza Tienanmen, in cui appare con il dito medio alzato, portando con sé migliaia di persone in una collettiva sfida al potere. Grazie alla Rete. Su questo, anche il padre non può che dirsi d’accordo. Così, man mano che il libro procede, succede un piccolo miracolo dialettico. Le posizioni si smussano, gli uni cominciano ad accogliere il punto di vista degli altri. «Papà, la rete non è buona o cattiva, amplifica le

voci delle persone. La rete rinnova tutte le espression­i dell’uomo, anche l’arte». E Aldo

concede: «del resto, tablet deriva, alla lontana, da tabula: duemila anni fa gli studenti andavano a scuola con una tavoletta di cera, che ogni volta andava raschiata e riscritta.

Ora è diventata digitale». Prove tecniche di dialogo. La via (riformista) alla tecnologia è tracciata.

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PagineAldo Cazzullo, giornalist­a del Corriere della Sera, autore di «Metti via quel cellulare»
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