Messa in sicurezza nel dopo alluvione Due imputati per la gara da 17 milioni
L’accusa: «Volevano pilotare il bando». E uno ottiene l’abbreviato
Turbativa d’asta nell’aggiudicazione delle opere per la messa in sicurezza del territorio dopo l’alluvione del 2010. Nuova puntata ieri, nel corso dell’udienza preliminare che si è tenuta davanti al giudice Luciano Gorra, per la vicenda che nel 2013 si impose alle cronache a suon di perquisizioni e avvisi di garanzia.
Due, in aula, gli imputati rimasti sotto accusa dopo che il pm Valeria Ardito, rispetto all’iniziale iscrizione di cinque persone sul regustro degli indagati, ha deciso di chiedere il rinvio a giudizio esclusivamente nei confronti di Luca Pernigotto (difeso dal legale Filippo Vicentini, che ha chiesto l’abbreviato condizionato all’audizione di un consulente informatico), in qualità di responsabile unico del procedimento di gara, e di Giancarlo Bertelli (avvocato Francesco Delaini), che avrebbe agito come amministratore unico della Sitta srl e presidente del Comitato direttivo del Consorzio stabile Europa (Cse), capofila dell’associazione temporanea di imprese (Ati) con Parolini Gianantonio spa, Egi Zanotto spa e Facchin Calcestruzzi srl, che aveva presentato il suo progetto.Per entrambi, l’appuntamento con la sentenza è stato calendarizzato tra due settimane: Pernigotto, come richiesto, verrà giudicato in abbreviato (e in caso di condanna usufruirà dunque dello sconto di un terzo sull’ammontare della pena finale); destino diverso invece per Bertelli, che rischia il rinvio a giudizio visto che ha preferito non chiedere riti alternativi.
Al centro della vicenda, il sospetto della procura di Verona ( che ha ereditato il caso inizialmente coordinato da Vicenza), secondo cui ci sarebbe stato il tentativo illegittimo di evitare l’esclusione dall’appalto di una cordata di imprenditori veronesi. L’ombra che aleggia su di loro vale una cifra a sei zeri, ed è di aver tentato di «pilotare » la gara d’appalto da 17 milioni 385mila 839 euro per il bacino di Trissino, una delle opere anti-alluvione considerate strategiche per scongiurare che si ripeta un disastro come quello della notte d’Ognissanti 2010, quando mezzo Veneto fu messo in ginocchio da un’ondata di acqua e fango. In due, adesso, si ritrovano in aula a quattro anni di distanza dalla bufera che si scatenò nel 2013 sulla gara per la realizzazione dei lavori del bacino di laminazione alle Rotte del Guà di Trissino.
Un capitolo aperto il 2 agosto 2013 con la perquisizione degli agenti della Forestale negli uffici del Consorzio di bonifica Alta pianura Veneta (Apv) e in quelli del Consorzio di Bonifica veronese.Dopo l’ infortunio agricolo che causò la morte di Antonio Nani, il presidente del Consorzio di bonifica Alta pianura veneta (Apv) che era indagato per concussione,erano giù usciti di scena altri due indagati, l’ingegnere Roberto Bin, dg del Consorzio di bonifica veronese, e Francesco Franceschini, dipendente della Sita capofila del Cse (Consorzio stabile europeo) capofila dell’Ati che aveva presentato il progetto per il primo stralcio da 26 milioni di euro.