Il giudice del caso Bpvi «Fondo per i soci azzerati La politica si muova senza giochi elettorali»
Una camera di conciliazione, che fissi in sei-otto mesi quali dei vecchi soci abbia diritto ad un risarcimento. Da finanziare con un fondo alimentato per lo meno con le multe di Consob, Bce e Antitrust agli ex amministratori (per quelle alle banche liquidate anche i controllori dovranno mettersi in fila tra i creditori chirografari), e fanno almeno 25 milioni. «Su questo è mancato ancora un preciso impegno della politica. Mentre ci vorrebbe che qualcuno si mettesse d’impegno, senza boutade elettorali». Massimo Vaccari, il giudice del tribunale civile di Verona divenuto noto a inizio anno per aver firmato la prima sentenza che condannava Popolare di Vicenza a risarcire una risparmiatrice veronese, non teme di prender posizione, anche smessa la toga. Tornando su proposte concrete a favore dei soci azzerati, per ovviare alla situazione creatasi con il decreto di liquidazione di Popolare Vicenza e Veneto Banca, che ha bloccato le cause di risarcimento. Comprese quelle come la sua già giunte a sentenza. Proposte già lanciate in estate anche con interventi sul
Corriere del Veneto. Tutt’ora valide, visto che da allora nulla si è mosso.
Così il giudice prova a riprendere il filo del discorso. Proprio nel giorno della manifestazione a Roma per il risparmio tradito, tra tutte le sigle dei consumatori e le associazioni dei soci finiti sul lastrico nelle crisi bancarie degli ultimi due anni. Ottocento quelli scesi dal Veneto,a sentir gli organizzatori, dal Coordinamento don Torta, all’associazione Ezzelino, dalla Casa del consumatore di Schio ad Assopopolari. Ricevuti prima dai parlamentari e poi dal presidente della commissione d’inchiesta sulle banche, Pierferdinando Casini. Con le richieste di recuperare il fondo per i casi sociali con Intesa Sanpaolo e di disinnescare il rischio che i risarcimenti pagati dalle due banche in primavera possano essere chiesti indietro di fronte ad una dichiarazione d’insolvenza. E per istituire un fondo per le vittime di reato bancario.
A Verona, intanto, va avanti un’altra riflessione. Quella di un fondo, istituito con una norma ad hoc, alimentato dalle multe e con una camera di conciliazione che decida rapidamente. Perché per Vaccari c’è sul tavolo un pericolo rilevante, all’indomani del blocco delle cause. Quello che gli 80 mila soci delle due ex popolari ancora non risarciti finiscano per «intasare gli uffici giudiziari». Capita per i tribunali fallimentari di Vicenza e Treviso, dove la massa dei soci potrebbe scaricarsi per insinuarsi da creditori della liquidazione, attendendo anni e spendendo soldi. Senza sapere cosa si potrà portare a casa. «C’è il creditore privilegiato Stato che ha finanziato l’operazione di Intesa - avverte Vaccari -. Quindi le prospettive di recupero per gli altri sono remote». Ma il rischio intasamento vale anche per gli altri uffici giudiziari. «Perché chi si trova bloccato è indotto a tentarle tutte. Ad esempio con le cause a Consob e Banca d’Italia di cui si inizia a parlare». Magari da far scattare dopo il processo penale, che, nel caso di Bpvi, dopo le richieste di rinvio a giudizio dei sette indagati, tra cui l’ex presidente Gianni Zonin, potrebbe scattare a Natale, dopo l’udienza preliminare all’inizio di dicembre, davanti al giudice Roberto Venditti.
Il rischio è indurre speranze che vadano tradite. Per questo il giudice pensa ad un percorso alternativo. Perché non ha dubbi che una risposta vada data. Per lui la giustificazione per cui i risparmiatori avevano comunque investito in capitale di rischio non tiene. Specie di fronte al riconoscimento fatto dalle authority di vigilanza di migliaia di pratiche Mifid falsate negli ultimi aumenti di capitale. «Con una discrepanza rispetto ai detentori di bond subordinati nella stessa situazione, tutelati - spiega Vaccari -. Non è giusto dire che tutti sono stati truffati, ma non è corretta l’assimilazione tra chi opera in Borsa, e rischia in un mercato regolamentato, e chi ha investito in azioni illiquide di banche popolari». Vaccari invece non è favorevole a stornare fondi dalle liquidazioni, come i 60 milioni già destinati ai soci impoveriti. Con una norma che derogasse alla par condicio dei creditori. Una nuova eccezione alle tante già viste nel decreto, per rimettere un po’ a posto le cose. Soluzione che non può piacere a un giudice: «Sarebbe un modo per continuare ad avvilupparsi nelle eccezioni».
Intanto le associazioni portano 800 soci a Roma per la giornata del risparmio tradito