Rosso cerca manager su Fb: boom di proposte
L’ultima sfida del patron di Diesel. Il capo azienda? Basta una foto creativa «Voglio dialogare, chi ha voglia di lavorare arriva»
«Ragazzi, I’m looking for a new Ceo». Il suo inglese non sarà quello di Oxford, anzi, è un po’ ibridato con il vicentino, ma il messaggio arriva chiaro. Renzo Rosso cerca un nuovo amministratore delegato per il gruppo Diesel. E con sfrontata semplicità affida a Facebook l’annuncio di lavoro. Il presidente e fondatore del gruppo che nel 2016 ha fatto 960 milioni di Euro di fatturato l’ha pubblicato ieri, in modo quasi istantaneo, sulla propria pagina. Unico attore: lui stesso. Rosso siede a una scrivania in un interno minimale, tutto bianco; sembrerebbe il video di Imagine di John Lennon e Yoko Ono, se non si intravedessero, sullo sfondo, i contorni classici di un capannone industriale.
Le note volutamente struggenti di un violino accompagnano la voce di Rosso che dice: «Il nostro Ceo si è appena licenziato, lasciando una sedia libera e uno spazio vuoto nei nostri cuori». Poi, con toni assai più grintosi: «Cerco un nuovo Ceo. Vi siederete su questa sedia?». Gioca sugli acronimi, Rosso.
L’espressione inglese CEO, Chief Executive Officer, viene trasformata in Chair Executive Officer, colui che siede su una sedia. E proprio su una sedia dovranno fotografarsi gli aspiranti dipendenti, giocando (in un modo che non è del tutto chiaro) su originalità e innovazione. I modi aggressivi al punto giusto, il «tu» ostentato come segno di informalità assoluta, l’infatuazione per la propria stessa trovata che Rosso mostra anche adesso, parlandone con il Corriere del Veneto: da ieri il profilo Diesel è letteralmente invaso dalle richieste. Per una campagna pubblicitaria che, memore forse dei tempi di Oliviero Toscani e Benetton, è già riuscita a far parlare di sé. A costo (quasi) zero.
Renzo Rosso, come vi è venuta in mente quest’ultima idea?
«È stata una cosa straveloce. Quando il nostro CEO ci ha detto che se ne sarebbe andato sono andato subito dal mio direttore marketing e gli ho detto, ho un’idea geniale, voglio dialogare con i miei fan. Perché non chiediamo direttamente a loro che ne pensano? E lui con il suo team ha elaborato la storia. Devo dire che ne è venuta una cosa molto divertente».
«Sedersi è una cosa molto difficile», dice nel video. Al di là del gioco linguistico, che cosa intende? È una questione di physique du role?
«Volevo mandare un messaggio ironico, che però poi tanto ironico non è, se pensi che nella mia vita ho assunto gente conosciuta al bar, per strada, allo Studio 54 (celebrata discoteca di Manhattan in voga negli anni Settanta e Ottanta, ndr). Quando abbiamo aperto il primo grande store di New York, sulla Lexington, dovevamo assumere cinquantadue persone. Facemmo le selezioni in un grande teatro, all’annuncio risposero in cinquecento. Ogni candidato aveva due minuti per presentarsi e dire qualcosa di sé stesso, veniva assunto sulla base di quei due minuti. Ho visto gente piangere...».
Addirittura. Be’, questo non è proprio il massimo.
«Riferisco l’aneddoto per far capire che non siamo nuovi a queste esperienze Mi piace idea di interagire con i nostri consumatori, perché i millennials hanno bisogno di sentirsi parte del brand, e ho trovato geniale l’idea di cominciare a dialogare con loro: sedetevi, c’è una sedia vuota. E la cosa bellissima è che chi verrà scelto si siederà poi davvero al mio fianco, per una settimana».
Come funzionerà il concorso? Sarà una selezione immediata o farete più round?
«Il mio gruppo farà un primo screening. Poi ci siederemo a un tavolo, ci sarò anch’io, e dalla prima selezione sceglieremo chi ci sembrerà più adeguato per questa esperienza. E quello che sarà scelto verrà alle riunioni, potrà vedere come funziona un’azienda dal suo interno».
Ma per fare l’amministratore delegato di un gruppo non servono, oltre alla grinta e alla creatività, delle competenze specifiche?
«Io sto cercando qualcuno
che abbia il DNA della Diesel, che mi porti modernità, visione. Poi, che finisca come CEO, executive, grafico o un’altra mansione... può andarci bene tutto. Può andare anche in un’altra parte dell’azienda. La nostra è una bella formula per portare dentro qualcuno di nuovo, che ci voglia bene. E non è detto che troviamo qualcuno che magari non farà l’amministratore delegato ma sarà fantastico nel fare qualcos’altro».
Si moltiplicano gli imprenditori che dicono: i ragazzi italiani non hanno abbastanza voglia di sporcarsi le mani. E’ vero o è la solita reprimenda dei «vecchi» contro i «giovani»?
«È sempre stato così. Chi ha voglia di lavorare arriva, chi non ha voglia di fare sta a casa, si gira i pollici e contesta sempre. Quello che forse è cambiato è che chi arriva più in là, chi ha più successo, è chi ha più fame. Magari persone che appartengono ad ambienti più agiati hanno meno anticorpi. E meno fame». Il Veneto ha ancora fame? «Sono veneto, e sono un grande tifoso del Veneto. Penso che la volontà, la passione, la determinazione del popolo veneto siano abbastanza uniche in Italia. Anche per motivi storici: le invasioni che abbiamo subito, le guerre... E forse anche per come le persone venete sono state trattate: nei film il veneto è sempre la cameriera, la mignotta, l’autista, l’ubriacone. C’è una grande voglia di rivalsa. Qui la gente ha il doppio, il triplo lavoro. Ci sono cittadine che hanno tassi di disoccupazione al 3%, ti rendi conto? Ecco, di tutto questo bisogna essere orgogliosi».