Corriere di Verona

Coach Maffezzoli: «Io, da Verona alla Nazionale»

La gavetta a Verona, lo scudetto Adesso la chiamata in azzurro: «Italbasket, largo ai giovani»

- Sorio

«Coach Sacchetti me l’ha detto mentre ero in viaggio di nozze negli Usa…». L’azzurro all’improvviso. Ma anche no. «Ci speravo. Però non mi volevo illudere. Già Meo m’aveva fatto l’onore di vincere con lui uno scudetto e vivere l’Eurolega». Era il 27 settembre, undici giorni fa, il neo ct dell’Italbasket, Meo Sacchetti, definiva ufficialme­nte lo staff con cui lanciare l’inseguimen­to al mondiale 2019. E in quello staff c’è anche Massimo Maffezzoli, 41 anni, prime lavagne tattiche qui da noi, Cestistica, Scaligera, Sanzeno, poi il salto tra i profession­isti: Pesaro, Trento, Casalpuste­rlengo, Trapani, Rimini, Veroli, Roma, Sassari e Brindisi.

Da dove iniziamo, Maffezzoli?

«Dalla Cestistica. Ero una guardia di scarso profilo ma grande passione. A 17 anni, in quarta superiore, m’è stata data la possibilit­à di giocare e allenare insieme. Le rare occasioni in cui torno a Verona vado ancora a salutare la signora Piotto. Quand’ero nel minibasket c’era ancora Andrea Piotto, che sappiamo cos’abbia rappresent­ato per Verona…».

E dopo la Cestistica?

«La Scaligera dal ’96 al 2001. Tante tante finali nazionali, tanti giovani in azzurro. Sono rimasto anche quando siamo falliti. Una scelta di cuore: ero in sede il giorno in cui vennero a mettere i sigilli, stavamo preparando una finale coi classe ’90, situazione surreale». Maestri a Verona? «Primo, Enrico Ghirlanda, alla Cestistica, per l’energia e il modo di stare in campo delle sue squadre. Poi Simone Guadagnini, alla Sanzeno. Chi ha segnato il mio percorso tecnico è Fabio Barba, coach delle annate dal 1983 in su alla Scaligera, per contenuti tecnici e capacità di tenere tutti i 5 giocatori nel campo visivo. E poi Alessandro Giuliani, mio attuale gm a Brindisi, che m’ha voluto nelle giovanili della Scaligera».

Da Verona alla parte senior della carriera: i tre momenti più belli?

«La finale scudetto con Roma al primo anno di vice in A, con Calvani: squadra iscritta all’ultimo giorno, obiettivo salvezza, sfiorammo qualcosa d’incredibil­e. Poi lo scudetto 2015 con Sassari: avevo i miei genitori seduti esattament­e di fronte alla mia panchina, quando festeggiam­mo. Infine la prima volta che ho sentito l’inno di Eurolega sul campo e non in tv».

Dove deve lavorare l’Italia del basket?

«L’obiettivo in tempi brevi, gioco forza, è convocare anche altri giocatori per allargare il numero dei papabili. Sull’immediato si possono strutturar­e in maniera diversa alcune cose. Sono d’accordo con chi dice che bisognereb­be tornare a allenare i ragazzi in una certa maniera, più tempo per la parte tecnica e poi la tattica. Però in generale credo sia una questione economica: bisogna investire una parte del budget nel settore giovanile, come ha fatto la Germania. E’ arrivato Bogdan Tanjevic (nuovo dg del settore tecnico, ndr) ch’è un mago in queste cose. E poi…» Amico Meo Massimo Maffezzoli (a sinistra) ai tempi di Sassari in cui era vice di Meo Sacchetti che, Diventato coach della Nazionale, lo ha richiamato al suo fianco E poi?

«Abbiamo la Nazionale dei ’98 vicecampio­ne del mondo, poi però i nostri ’98 stanno seduti mentre i ’98 di altre nazionali giocano. Ecco, un buon esempio può essere Sassari, che si apre la società satellite a Cagliari facendo crescere i suoi giocatori a un livello più basso ma comunque competitiv­o».

Come si lavora con un ct come Sacchetti?

«Non vuole gente che gli dia ragione a prescinder­e: vuole un altro punto di vista. Mette tutti nelle migliori condizioni di lavorare perché non mette pressione, anche coi giocatori. Se uno fa tre cose fatte male, lui aspetta che faccia la cosa positiva per portarlo in panchina con un mood positivo».

Tornando ai giovani, le piace il progetto fresco della nuova Scaligera Basket?

«Molto. Da Dieng a Visconti passando per Nwohuocha. Ma non bisogna mettere loro pressioni nell’immediato, ma puntare a dei migliorame­nti in prospettiv­a».

Speranze di rivedere la Nazionale a Verona?

«Bisognereb­be chiedere ai dirigenti veronesi, nel senso che la richiesta deve partire da loro, ma a me piacerebbe tanto, sarebbe un sogno e mi auguro di cuore che accada»..

Ero in sede quanto misero i sigilli. Ma rimasi anche dopo il fallimento

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