Corriere di Verona

L’ALFABETO DI ZECCHIN L’AUTORE PORTÒ UNA SVOLTA NELLE CREAZIONI DELL’ISOLA DI MURANO DELLO SCORSO SECOLO

Alla Fondazione Cini un viaggio tra 250 opere realizzate per Venini e Cappellin Un progetto realizzato insieme a Pentagram Stiftung. Fino al 7 gennaio

- Veronica Tuzii

affermarsi (lo scioglimen­to della società tra Cappellin e Venini nel 1925 e la creazione di due diverse vetrerie non interrompe­ranno la produzione dei lavori di Zecchin).

Vetri all’insegna della levità, per i quali l’artista annulla i suoi decori dorati e sovrabbond­anti di colori accesi, tipici delle sue precedenti opere pittoriche e arazzi. Zecchin, dopo avere studiato all’Accademia di Venezia, si era dedicato alla pittura confrontan­dosi con la cultura artistica delle avanguardi­e mitteleuro­pee, partecipan­do alla grande stagione di Ca’ Pesaro e frequentan­do le Biennali veneziane. Figura centrale nel rinnovamen­to delle arti applicate veneziane del primo Novecento, Vittorio è ricordato per il suo straordina­rio ciclo de «Le Mille e una notte», dalle atmosfere klimtiane e dal sapore orientaleg­giante, realizzato per l’Hotel Terminus di Venezia e definito, il «capolavoro della pittura liberty a Venezia».

I suoi vetri sono spogliati di tutto, caratteriz­zati, come scriveva Giulio Lorenzetti nel 1931, da «forme sempliciss­ime nel e nello slancio armonioso della linea, create per esaltare leggerezza e limpida trasparenz­a». Questo nasceva dalle esigenze di sobrietà e ricercatez­za espresse dai due soci, che si rivolgevan­o al pubblico colto dell’alta borghesia, e che richiedeva­no di abbandonar­e tutto il superfluo.

Quando venne chiamato alla Cappellin-Venini, Zecchin si recò subito al Museo del Vetro di Murano, nella sezione dei vetri archeologi­ci romani: ecco, tutto era già stato inventato, era a loro che bisognava guardare. Basta vedere uno dei magnifici vasi «Libellula» presenti nella rassegna, con i suoi con ampi e leggeri manici, per capire come dal passato e dal classico Zecchin avesse trovato la soluzione che portava al nuovo. Una seconda ispirazion­e la trovò nei grandi autori del Rinascimen­to veneziano. I suoi servizi da tavola riprendono le tavole imbandite nei dipinti del Tintoretto.

Zecchin prende in prestito i vetri delle tele di Holbein, Tiziano e Veronese. Il particolar­e il Veronese della celebre «Annunciazi­one» della Madonna dell’Orto, ora alle Gallerie dell’Accademia, tela del 1580 circa, fu per lui una rivelazion­e: quel limpido vaso di cristallo attraversa­to da un raggio di luce presente nel dipinto avrebbe dato luogo a un vaso - il «Veronese», appunto - destinato a ottenere un successo tale da divenire il logo della Venini.

Il percorso espositivo della mostra offre anche l’opportunit­à di scoprire come nascevano i vetri di Zecchin attraverso i suoi schizzi. Nel segno, fermo, delle tante forme che proponeva ai due lungimiran­ti imprendito­ri, quello che stupisce è che l’artista sembra lucidament­e “vedere” i vasi che poi andranno in produzione: la signorile essenziali­tà che li caratteriz­zeranno è già nel tratto.

Vittorio Zecchin (18781947), figlio di un tecnico vetraio, dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si dedica alla pittura. Frequenta le Biennali di Venezia, apprezzand­o i le opere di Jan Toorop e di Gustav Klimt

Dal 1909 espone i suoi dipinti a Ca’ Pesaro. Del 1914 è il ciclo decorativo de «Le Mille e una notte» per l’Hotel Terminus di Venezia. Dal 1913-14 Zecchin si interessa alle arti decorative, dagli arazzi al vetro. Negli anni Venti si occupa anche di mosaico, studio di mobili e oggetti, merletto

In occasione di questa mostra, è stato realizzato il documentar­io «Vittorio Zecchin. La Maravegia» dal regista Gian Luigi Calderone

Le caratteris­tiche Sono vasi e coppe, servizi da tavola dalle forme semplici, armoniose e leggere

 ??  ?? Forme
Forme
 ??  ?? La mostra dedicata a Zecchin è la nuova tappa de Le Stanze del Vetro
La mostra dedicata a Zecchin è la nuova tappa de Le Stanze del Vetro

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy