Un giro dell’oca iniziato oltre 13 anni fa tra proposte bocciate che «a volte ritornano» e dispetti tra politici
Le pubbliche amministrazioni si esprimono per atti. E allora è giusto collocare l’inizio della telenovela del nuovo ospedale di Padova a giugno 2004, quando il sindaco diessino Flavio Zanonato mette appunto nero su bianco l’idea di realizzare un nuovo polo medico sanitario per risolvere le non poche criticità, in particolare dal punto di vista logistico, dell’attuale nosocomio di via Giustiniani. Un ospedale, quello che da oltre due secoli si trova a ridosso del centro storico, che è letteralmente spezzato in due da una strada e che, nella parte Est, è stato costruito a cavallo delle vecchie mura del capoluogo. Ma non stiamo parlando soltanto di un ospedale, bensì di un policlinico universitario. Ovvero di una struttura, nella Padova che conta uno degli atenei più antichi e prestigiosi d’Italia, che tiene assieme assistenza, didattica e ricerca.
L’intuizione di Zanonato, due anni e mezzo dopo, viene meglio articolata dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Adriano Cestrone che, a dicembre 2006, recapita in Regione (presidente il forzista Giancarlo Galan) la richiesta ufficiale di un nuovo ospedale. Perché quello esistente non è più in grado di garantire gli standard della sanità e della medicina moderna. E da quel momento si comincia a valutare quale sia l’area migliore in cui realizzare il nuovo polo. La scelta, frutto del confronto con numerose alternative (che peraltro non mancheranno di essere successivamente riprese in considerazione), cade sulla zona di Padova Ovest, lungo la tangenziale di corso Australia, in un terreno tutto privato che sorge più o meno di fronte allo stadio Euganeo. E’ marzo 2010 e il governatore Galan firma l’apposito accordo di programma con Zanonato e il rettore dell’Università Giuseppe Zaccaria. Il progetto, che non vedrà mai luce, è quello del cosiddetto Patavium da costruire in project financing con una spesa che supera il miliardo e mezzo di euro. Poche settimane dopo, sulla poltrona più alta della Regione, si siede il leghista Luca Zaia e l’intesa Galan-Zanonato, che nel 2014 verrà soltanto sfiorata dall’inchiesta sullo scandalo del Mose, inizia ad essere pian piano rivista. L’area del nuovo ospedale resta sempre quella di Padova Ovest, ma il costo dell’operazione viene ridotto a 650 milioni di euro e il sistema del project financing esce di scena. A luglio 2013, dopo che la localizzazione del nuovo polo è stata sottoscritta pure dai Comuni della cintura urbana, viene firmato un nuovo accordo di programma. Del trio precedente, l’unico rimasto è Zaccaria, numero uno del Bo. Mentre al posto di Galan e Zanonato, ci sono Zaia e il vicesindaco reggente Ivo Rossi. Sembra la volta buona. Ma un anno dopo, cambiando le carte in tavola e promettendo la realizzazione del nuovo ospedale nello stesso sito in cui si trova oggi, viene eletto sindaco il leghista Massimo Bitonci.
Il governatore fa buon viso a cattivo gioco e, se da una parte cancella l’opzione Padova Ovest, dall’altra boccia il cosiddetto nuovo su vecchio e costringe il collega di partito a cercare un’alternativa. E a quel punto, scartata anche l’ipotesi di posizionare l’opera in via Corrado al posto dei campi del Cus, Bitonci individua l’area di Padova Est, alle spalle della Kioene Arena, per metà di proprietà comunale e per l’altra metà in mani private (anzi, di un commissario liquidatore post fallimento). Ma a novembre 2016, pochi giorni prima della cessione dei terreni alla Regione, il sindaco del Carroccio viene sfiduciato e termina anzitempo il suo mandato. Nei sette mesi seguenti, con il municipio commissariato, non si muove foglia. E a giugno scorso, rispolverando la promessa del nuovo su vecchio, al governo della città arriva il civico di centrosinistra Sergio Giordani. Altro giro, altra corsa. Il resto è storia di oggi. Anzi, di ieri. Con la riproposta della zona di via dei Colli, già vagliata e respinta (sebbene in una versione «ridotta») nel 2012. Tredici anni dopo, pare di essere ancora al punto di partenza.