«Volete soldi prima delle competenze?» Il aula il leghista Giorgetti incalza Zaia
Il presidente veneto parla alla rediviva commissione per il federalismo fiscale: la pacca sulle spalle non basta
«Il Veneto chiede i nove decimi delle risorse tributarie del territorio ma di solito la richiesta delle competenze dell’articolo 116 della Costituzione parte dalle competenze e poi arriva alle risorse. Se si capovolge il discorso, come riuscite a conciliarlo in trattativa?». La domanda che si fa da settimane mezza Italia – col retropensiero che il vero obiettivo siano i soldi e l’autonomia il mezzo più veloce per tenerseli – al governatore Luca Zaia invitato in commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale ieri l’ha fatta il presidente in persona, il leghista Giancarlo Giorgetti, vice di Matteo Salvini e da sempre scettico sulla possibilità che il Veneto si tenga i nove decimi del gettito fiscale o che riesca ad ottenere uno statuto speciale de iure o di fatto.
«Anche lei, presidente! - ha riso Zaia – Di solito queste domande le fa l’opposizione». «No, io faccio l’avvocato del diavolo», ha risposto il collega di partito manifestando l’evidenza che da Simonetta Rubinato del Pd e Federico D’Incà del M5s sono arrivati solo elogi al referendum e all’autonomia. La via veneta ieri Zaia l’ha illustrata alla commissione bicamerale in diretta streaming.
Nessuno si senta in colpa se non ricorda l’esistenza di questo organismo parlamentare che indaga sull’attuazione del federalismo fiscale perché di fatto dovrebbe essere già defunto da tre anni. Era nato ai tempi della riforma sulla «devolution» di Roberto Calderoli col compito di verificarne l’attuazione
ma è si è rivelato un «Highlander» istituzionale difficile da abbattere, immortale pure di fronte all’estinzione della riforma.
Diciamo che vivacchiava ma i referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia l’hanno defibrillato («Si apre una stagione nuova, di devoluzione»,
ha assicurato Zaia citando Einaudi), ha trovato nuova forza nell’istanza autonomista e quindi ieri la commissione si è riunita per ascoltare Zaia e oggi farà il bis per l’audizione di Roberto Maroni. «Voglio ricordare che stiamo parlando solo di competenze, non di risorse: se avessimo voluto disconoscere
la solidarietà e la sussidiarietà nazionale avremmo chiesto la secessione – ha detto il presidente della Regione Veneto rispondendo al presidente Giorgetti - Ma l’articolo 116 è chiaro e chiama in causa anche il 119 perché alle competenze si accompagnano le risorse».
Il calcolo che per gestirne 23 servano i nove decimi del gettito è fatto per induzione, ha fatto capire a D’Incà che chiedeva di evidenziare in maniera tecnica «i famosi nove decimi, visto che i numeri nel dibattito pre-referendario sono stati spesso sparati». «Difficile fare una due diligence con lo Stato – ha ammesso Zaia - Anche la Sardegna ha costituito un organismo per capire come spende i soldi lo Stato e il governo lo ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale. Noi come Veneto entriamo in una stanza buia e accendiamo la luce: non sappiamo che conti ha lo Stato, se ha debiti fuori bilancio e li vediamo per la prima volta».
Bisognerà aspettare ad accendere l’interruttore perché oggi il Veneto, ha ribadito il governatore, non si presenterà al tavolo di trattativa: «Non è che non vogliamo ma non possiamo».
Manca ancora l’approvazione da parte del Consiglio del progetto di legge in 54 articoli che chiede competenze e soldi e che è la base della trattativa. «Non cerchiamo la rissa – ha assicurato – Andremo al tavolo col sorriso partendo dalla base dei nove decimi».
Lapidario il diniego alla proposta della deputata Pd ultrà dell’autonomia Rubinato, che ha suggerito un doppio binario nel negoziato: uno ambizioso per portare a casa tutte le funzioni e l’altro per dare risposte immediate alle esigenze dei Veneti. «Non firmeremo mai se l’intesa è: pacche sulle spalle e riflettori – ha sillabato – Sarebbe difficile tornare a casa. Alla fine volgiamo che il Veneto diventi un laboratorio per il federalismo, che bisogna attuare se non si vogliono disconoscere i padri costituenti. Perché essere autonomi vuol dire portare più tasse a Roma».
Un tema, ha rilanciato il senatore Mpd Federico Fornaro, che merita risposta dal governo e che diventerà centrale nella prossima campagna elettorale per le politiche.
Giancarlo Giorgetti Faccio l’avvocato del diavolo: chiedete i nove decimi dei tributi ma di solito la richiesta delle competenze parte da lì e poi arriva alle risorse