LA RINUNCIA ALLA MATERNITÀ
«Egli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano; ma non sfiorirà la loro beltà !». Così diceva il testo della canzone che vinse il Festival di Sanremo nel 1954. Era intitolata «Tutte le mamme» e celebrava (con retorica) lo spirito di quei tempi prolifici di matrimoni e soprattutto di bambini. In cui la mamma faceva la mamma a tempo pieno. Oggi, per tornare al ritornello, pochi – troppo pochi – bimbi crescono e troppe mamme imbiancano facendo sfiorire non certo la loro beltà (che anzi oggi si mantengono efficacemente), ma sicuramente la loro possibilità o volontà di fare figli. E’ questo il messaggio che offre l’Istat nel suo ultimo aggiornamento su natalità e fecondità in cui, molto semplicemente, si fotografa l’inarrestabile caduta delle nascite: 12 mila in meno lo scorso anno in Italia, millecento in meno in Veneto. Ciò significa nemmeno 1,4 figli per donna, per poi scendere a 1,2 se guardiamo alle sole italiane (ci «salverebbero» le straniere con 2 figli a testa, ma non possono certo correggere la tendenza generale). Due sono i fenomeni sottostanti. Il primo è che, avverte l’Istat, la denatalità dipende soprattutto dalla riduzione e dall’invecchiamento delle donne in età feconda: è un fatto strutturale e conseguente al calo delle nascite già avviato negli anni settanta. Il secondo è che si amplia anche il numero delle donne che rinunciano in toto alla maternità.
Tra quelle nate nel 1976, saranno il 22 per cento le donne prive di figli (per arrivare – si stima – al 25% delle donne nate negli anni ottanta). Una tendenza non solo demografica, ma anche profondamente antropologica: «La fine della madre», come titola l’ultimo libro della Scaraffia. D’altronde la rinuncia alla maternità dipende anche dall’incertezza legata alla crisi ed alle trasformazioni del lavoro. La precarietà lavorativa, i redditi in calo e le incognite sul futuro inducono infatti i giovani a rimandare l’uscita dalla famiglia d’origine e la formazione di una famiglia propria. Un rinvio lungo che può portare anche alla rinuncia della maternità. Viceversa crescono ancora (timidamente) i matrimoni. Circa 9 mila in più in Italia, appena trecento in più in Veneto (di cui un quinto con stranieri), numeri positivi che comunque potrebbero tradursi in un futuro (contenuto) aumento delle nascite. Tuttavia è difficile vedere in questo andamento una romantica e decisa ripresa dei fiori d’arancio, quanto piuttosto la celebrazione di quei matrimoni che la crisi economica aveva solo «accantonato» e fatto rinviare. D’altronde ormai il matrimonio da tempo è solo «una» scelta e non più «la» scelta socialmente scontata e naturale: ed infatti oggi quasi quattro bambini su dieci (solo uno vent’anni fa) nascono da genitori non coniugati.