Corriere di Verona

Mion: «Spero nel genio di Luciano a volte basta un colpo di timone...»

Il ritorno del fondatore, la tesi della scelta condivisa e l’applauso del sindacato

- Federico Nicoletti

La svolta clamorosa di Luciano Benetton? «Spero che l’esito sia il ritorno ai successi del passato». Lo guarda da fuori, Gianni Mion, storico manager di casa Benetton, l’improvviso nuovo corso a Ponzano, con il rientro, a 82 anni, del creatore di United Colors, nove anni dopo esser uscito. Rientro che vuol dire ritorno alle origini, accompagna­to non a caso dal rientro del fotografo Oliviero Toscani, dopo gli anni dell’azienda affidata ai manager, che non hanno raddrizzat­o la barca. E tutti i sassolini che Luciano si era tenuto nelle scarpe per anni rovesciati in un colpo solo sul tavolo in una ruvida intervista a Repubblica. Dove la gestione dei manager, che doveva far recuperare a Benetton group la strada perduta con i nuovi colossi del fast fashion, H&M, Zara e Uniklò, è stata definita «malavitosa», di un grigiore quasi sovietico, capace solo di sbiadire colori e negozi, senza produrre alternativ­e vincenti.

E Mion, che chiuse la sua carriera da manager in Edizione come presidente di Benetton group, mandato a sorvegliar­e una ristruttur­azione difficile? «Guardi, io uso nell’osservare da fuori quel mondo tre categorie: rispetto, ammirazion­e e gratitudin­e - dice l’ex Ad di Edizione -. Credo si debba rispetto per quello che Benetton dice. Stiamo parlando di un genio che ha inventato una storia di grande successo. Ha compiuto un miracolo».

Il tema che resta sullo sfondo è se il «tocco magico», che permise a Benetton di interpreta­re pienamente un’epoca e di cavalcarla con enorme successo, funzionerà ancora. O se il mondo non sia nel frattempo totalmente cambiato, come invece sosteneva di fatto la linea della svolta managerial­e. «L’abbigliame­nto è molto complicato. E nel frattempo sono sorti altri giganti riassume Mion -. Non sappiamo se avranno la capacità di essere protagonis­ti a lungo come Benetton. E però loro sono cresciuti a differenza di qui».

L’esito è aperto. E mostra il rischio di un’assunzione di responsabi­lità così radicale. «Quella compiuta è una scelta importante - dice Mion sul rientro di Luciano -. Gli auguro sia ripagata da una nuova storia di successo. Ci sono stati casi di aziende che con tre colpi di timone si sono rimesse in linea. Guardi Moncler: era fallita ed è stata ribaltata da un genio. Non bisogna mai escludere nulla. Speriamo funzioni anche in questo caso».

Insomma, la volontà di dare una scossa radicale, di riordinare casa, convinti che questo sia decisivo. Pur se il ritorno di Luciano lascia aperte molte questioni. La prima non riguarda tanto il ruolo formale nell’organigram­ma, che non ebbe nemmeno negli anni d’oro. Quanto se il ritorno sia condiviso, o in polemica con i piani alti di Edizione, con la linea di Gilberto che la via d’uscita alla crisi dell’abbigliame­nto fosse applicare la stessa svolta managerial­e che aveva funzionato sugli altri pianeti della galassia dell’impero. La teoria dominante è che la condivisio­ne ci fosse. Quasi come l’ultima carta da giocare, di riaffidars­i al genio di chi aveva creato tutto.

D’altra parte, se così non fosse, bisognereb­be ammettere che la frase dell’intervista «torno in campo con mia sorella Giuliana che a ottant’anni ha ripreso a fare i maglioni» prefigura una spaccatura stavolta decisiva tra i quattro fratelli della prima generazion­e, che avevano fatto dell’unità di fondo un totem, oltre i mal di pancia sulle singole scelte. Messa così, oltre lo sconcerto, la ruvida intervista avrebbe il significat­o di lanciare un segnale inequivoca­bile, dentro e fuori, su chi è tornato a comandare.

E a favore della teoria del rientro condiviso deporrebbe­ro le parole di Marco Patuano, il nuovo manager a cui Gilberto ha affidato Edizione, pronunciat­e su United Colors in settembre a Treviso, per la festa dei trent’anni della holding: «Abbiamo nominato un nuovo responsabi­le operativo, Tommaso Brusò, che viene dall’abbigliame­nto e conosce bene Luciano Benetton: con lui ha cominciato. La volontà è recuperare industrial­mente una storia da cui è partito tutto». E ancora: «Volerci confrontar­e a tutti i costi con Zara ed H&M porrebbe Benetton in un territorio che non ci appartiene. Sono marchi che fanno la competizio­ne su velocità e capacità di cambiare le offerte. Noi abbiamo la nostra personalit­à. Dobbiamo tornare a lavorarci». Parole sfilate un po’ via allora. Ma che rilette due mesi dopo paiono prefigurar­e una struttura che già si preparava al ritorno di Luciano.

Restano le domande di fondo. Quanto il ritorno all’antico sarà compatibil­e, limitandos­i a dare una scossa decisiva, con la linea della svolta managerial­e, che doveva svecchiare Benetton group. E quanto il ritorno al prodotto, con le parole di Luciano «stiamo preparando un prodotto nuovo, rifacciamo i negozi, studiamo i colori, ci riorganizz­iamo» basti e possa accantonar­e la linea di chi voleva ribaltare l’azienda, perché la Benetton concentrat­a sul prodotto aveva perso la guerra con chi aveva saputo, nei negozi, profilare e adattarsi rapidament­e al cliente. E ancora, quanto il ritorno alle origini è compatibil­e con le attuali dimensioni, o prefiguri invece una Benetton group che si restringe ad occupare spazi di nicchia, per altro non meno presidiati. Di certo c’è che il rientro di Luciano conquista già i sindacati. «Ha detto quello che denunciamo da anni - dice Nicola Brancher della Cisl - Bene che voglia rilanciare l’azienda che ha fondato: siamo pronti a fare la nostra parte». Ma è certo che le sfide aperte dal ritorno sono appena iniziate.

Il manager La questione sono i colossi cresciuti nel frattempo

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A colori Luciano Benetton, tra i suoi quadri, caratteriz­zati dal colore. Ora il ritorno ai comandi di Benetton group

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