Pandev gela il Bentegodi Hellas di nuovo nel baratro
Pandev segna (in apparente fuorigioco) sul finire del primo tempo Vani tutti i tentativi di recuperare. E ora la strada per la salvezza è ancora più in salita
Gelo al Bentegodi. Pandev, nei minuti di recupero del primo tempo, trova il gol che condanna l’Hellas alla sconfitta contro il Genoa, una diretta concorrente per la salvezza. Vani i tentativi di pareggiare.
Se perdi certe partite non è per niente facile mantenere la fiducia in una salvezza che resta lontana e che lo è ancora di più adesso. Il Verona gioca a lungo nella metà campo del Genoa, subisce un gol che è irregolare per molti ma non per tutti (non lo è, in particolare, per chi prende le decisioni), cerca di recuperare ma non ce la fa.
L’1-0 che punisce l’Hellas è una legnata quanto lo era stata la sconfitta con il Bologna. Andamenti diversi, esiti uguali, rimpianti che aumentano. A maggior ragione perché il Verona doveva fronteggiare numerose assenze non aveva dato segno di patirle. Pecchia deve cucire un vestito nuovo addosso all’Hellas. Non nell’assetto di gioco, che non varia rispetto al blitz di Reggio Emilia – Cerci apre i varchi in attacco, dietro sono in tre a inserirsi: con Valoti e Verde, mentre torna da titolare di Bessa –, quanto per l’ovvia necessità di supplire alle tante defezioni in difesa. L’ultima in ordine di tempo è quella di Caceres, steso dalla lombalgia e costretto alla panchina. Con Heurtaux e Fares squalificati, ecco un Verona tutto nuovo, ma fino a un certo punto. Nient’affatto inedito è l’impiego di Romulo terzino destro, con Souprayen che va a sinistra. E se l’intoccabile è Caracciolo, in coppia con lui si rivede Ferrari, reduce da un lungo forfait.
L’Hellas che ne esce fuori è una compagnia di giro che è lesta a gettarsi di là, sollecitata dalla freschezza di Verde (un suo tiro incurvato, nato come cross, colpisce la traversa) e dalle iniziative di Cerci. Poi, sul conto, ci sono i rischi congeniti dettati dall’estemporaneità della linea in copertura. Il Genoa ci si butta dentro con Pandev e con gli inserimenti di Bertolacci, lanciando ripetuti avvertimenti. Da un lato e dall’altro, così, si preferisce non forzare l’attacco. Certo, ci si prova con qualche ribaltamento di fronte, legati più che altro a iniziative personali, ma sono momenti che diventano presto velleitari. L’equilibrio potrebbe sì cambiare, ma la sensazione è che a decidere non sia, nel caso, la qualità, quanto l’errore, la titubanza non preventivabile, quando non il più fatidico degli svarioni. Il pasticcio viene fuori nel recupero del primo tempo: un buco a sinistra su cui si getta Taarabt, la difesa presa di sorpresa, Pandev che piazza la botta tagliente che inchioda Nicolas. Il guaio è che l’azione appare viziata da un fuorigioco in avvio (di Taarabt) che appare evidente, cosa che non è né per il guardalinee, il signor De Meo, né per la Var.
Così il Verona, quasi senza accorgersene, si trova in svantaggio, e il risultato è un macigno da spostare, in una partita che fin lì era scivolata via con, a comandare, la cautela. Pecchia varia uomini e modulo. Lo fa un po’ per scelta, un po’ per forza, perché Zuculini esce acciaccato. Entra Kean e l’Hellas ripiega sul 4-3-3, buttandosi in attacco con rabbia e impadronendosi del pallone. Il Genoa rimane acquattato ma è velenoso e spreca il 2-0 con Rigoni. Dopo è un assalto del Verona, magari caotico, magari poco ragionato, ma anche coraggioso e in costante pressione. C’è un gol annullato a Bessa (il gioco è già fermo: Cerci ha toccato prima con la mano), c’è un tiro fiacco di Kean, c’è una rincorsa che si spegne con l’Hellas che in mano ha soltanto un pugno di mosche.
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