LA POSTA IN GIOCO DEI DANNI
Èdavvero da credere che il «basso continuo» del prossimo periodo pre-elettorale, in questa parte del Paese, sarà sul tema delle banche. Gli enormi spazi lasciati in bianco dall’emendamento inserito in Legge di Bilancio, che introduce il fondo per i «risparmiatori», dovranno essere riempiti da un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri da emanarsi entro 180 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio. La partita, dunque, ora si è spostata lì. E i tempi sono proprio quelli dello scontro politico. La scrittura di ogni singola parola di quel Decreto si presenta come un esercizio delicatissimo: ciascun passaggio è da studiarsi con scrupolosa attenzione. Capire quale disegno assumerà quel Decreto appare oggi addirittura più importante che stigmatizzare l’esiguità del fondo sin qui stanziato. Dunque, per un momento prestiamo pure fiducia alla promessa che il fondo sarà cospicuamente rifinanziato e saggiamo – almeno in via esemplificativa – quanto ampi siano i margini di manovra lasciati a chi scriverà il Decreto.
Anzitutto, non è chiaro quale tipo di provvedimento dovrà essere emanato affinché al «risparmiatore» sia riconosciuto il «danno ingiusto» connesso alla violazione degli «obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza».
Al di là dell’ipotesi (pressoché scolastica) che si giunga a sentenza, si può pensare che sia sufficiente una decisione arbitrale? In tale ultimo caso, si tratterebbe di una decisione emessa da quale Autorità? Da tempo auspichiamo da queste colonne la costituzione di una Camera di Conciliazione e Arbitrato che affronti in modo seriale le controversie bancarie; e si potrebbe pensare a una Camera costituita ad hoc oppure a una struttura posta sotto l’ombrello di un’Autorità già esistente, come per esempio l’Arbitro Bancario Finanziario (oppure l’Autorità Anticorruzione). Inoltre, cosa deve intendersi per «risparmiatore»? Potranno beneficiare dei ristori tanto gli azionisti quanto gli obbligazionisti subordinati? E poi, tra gli azionisti, potranno giovarsene almeno in parte qua anche coloro che accolsero l’offerta pubblica di transazione? Quelle transazioni furono chiuse al ribasso per gli azionisti e con soggetti, le banche, che adesso tecnicamente non esistono più; inoltre, le evidenze documentali che stanno soprav-venendo appaiono ogni giorno più abnormi: insomma, non mancano le ragioni giuridiche per pensare che in breve tempo tutto possa rimettersi in discussione. Si potrebbe proseguire enumerando via via i tanti singoli passaggi rispetto ai quali ci si attende che il Decreto dica una parola chiara: chi ha diritto a cosa, quando e davanti a chi. Per arrivare a ciò, però, premessa essenziale è che si crei una compattezza politica legata agli interessi del territorio che vada oltre la kermesse elettorale. Ne va del futuro di generazioni di persone oggi appese a un tenue filo di speranza. La posta è talmente alta da sperare che, anche solo su questo tema, le forze politiche trovino quello spirito di unità e di pacificazione che – per guardar vicino – in alcune occasioni l’Alto Adige ha saputo esprimere, proprio per salvaguardare i preminenti interessi territoriali. Qualcuno avrà la lungimiranza per cogliere la posta in gioco?