Corriere di Verona

Nuovi poveri, anziani e giovani in fuga, Lanzarin: «Nel 2018 più fondi per il Veneto “debole”»

- di Marco Bonet

«Si può fare di più? Si può sempre fare di più. Ma stiamo già facendo molto, se si pensa al budget di cui disponiamo e ai tagli che dobbiamo fronteggia­re: 300 milioni solo quest’anno, a livello nazionale. A noi toccherà una quota attorno all’8%, come al solito: più o meno 25 milioni».

Manuela Lanzarin è l’assessore regionale al Sociale. In questi primi giorni di confronto in consiglio sul bilancio non s’è fatto che parlare di questo: dei pochi soldi stanziati per i disabili, per gli anziani, per le famiglie (che non fanno più figli), per i poveri che aumentano anche nel ricco Nordest. Di pari passo, il Documento di economia e finanza tratteggia un Veneto del futuro sempre più vecchio, con gli over 65 che saranno addirittur­a il 35% nel 2045, e «svuotato», tra nascite mancate, veneti che se ne vanno e stranieri che non vengono più: nel 2065 saremo meno di 4,4 milioni. Solo negli ultimi due anni sono «spariti» 20 mila veneti, l’equivalent­e di cinque Comuni.

Perché non introdurre un’addizional­e Irpef sui redditi più ricchi, oltre i 75 mila euro, come chiedeva il Pd?

«La scelta è politica e l’ha spiegata chiarament­e il presidente Zaia: siamo e vogliamo restare una Regione “Tax Free”. È semplice dire: mancano i soldi, mettiamo una tassa. Abbiamo già avviato da tempo un severo processo di razionaliz­zazione e ora stiamo trattando col governo nuove forme di autonomia. Nel mio settore significa più competenze, gestite meglio, e più soldi».

Se va bene, ci vorranno anni per vedere compiuta la riforma autonomist­a. Intanto, che si fa?

«Già il bilancio 2018 mostra una decisa inversione di tendenza, sono stati fatti sforzi enormi. Su tutti, il fondo per gli investimen­ti, che vuole rimettere in moto le energie virtuose degli attori del sociale: non era più finanziato dal 2012, ora stanziamo 10 milioni, tra contributi a fondo perduto e fondo di rotazione».

Il fondo per la non autosuffic­ienza a quanto ammonta?

«Anche qui un segnale positivo: nel 2018 crescerà di 5 milioni, da 722 a 727 milioni».

Le impegnativ­e per le case di riposo, però, sono congelate dal 2010 a 49 e 56 euro.

«È vero. Dobbiamo aumentarne l’importo e anche il numero, perché oggi sono 24 mila a fronte di 33 mila posti autorizzat­i e ci sono 3 mila persone con non ricevono alcun aiuto, devono pagarsi la retta per intero».

Ottima la diagnosi, ma la cura dovreste proporla voi...

«La sede per discuterne seriamente non è il bilancio, con interventi spot, ma la riforma delle Ipab che approderà in aula a gennaio. Agiremo in quella cornice».

Poi...

«Poi c’è l’aumento di 3 milioni, da 18 a 21 milioni, del fondo per i servizi sociali destinato alle Usl, il raddoppio delle risorse per le case di riposo dei religiosi da 1,2 a 2,4 milioni, abbiamo da poco approvato una legge sull’assistenza famigliare che regolarizz­a, profession­alizza e rende più trasparent­e la figura di chi si prende cura di anziani e disabili. Ora il governo ha annunciato un fondo per i caregiver, i parenti che si occupano dei famigliari più deboli, 60 milioni che si traducono in 13 euro al mese, ben poca roba».

Sul fronte del calo delle nascite, invece, come pensate di agire?

«Personalme­nte non credo che iniziative come il bonus bebè aiutino davvero a rilanciare la natalità. Più che soldi una tantum occorrono interventi struttural­i, specie nei servizi educativi della fascia 0-3 anni, dove si concentra il problema della conciliazi­one dei tempi famiglia-lavoro».

Ecco, magari su questo punto pure la Regione potrebbe fare di più, no?

«Da tre anni, nonostante le difficoltà di bilancio, confermiam­o il contributo di 31 milioni equamente suddiviso tra nidi e materne. E ogni anno cerco di recuperare qualcosa in più in corso d’esercizio: 5 milioni nel 2016, 3 milioni nel 2017, vedremo nel 2018».

Anche un intervento sugli affitti aiuterebbe famiglie e giovani coppie, magari convincend­o queste ultime a non fare le valige. Il fondo, per parte della Regione, è però azzerato dal 2012.

«Purtroppo non ci sono abbastanza soldi per coprire tutto. Ci sono però misure “altre” a cui si può ricorrere per lo stesso scopo: il contributo per le famiglie numerose, quello per le famiglie monoparent­ali, quello per gli orfani».

Infine, l’emergenza povertà: si sente meno qui in Veneto, ma le persone a rischio sono comunque 800 mila.

«Il reddito di inclusione sociale varato dal governo viene gestito direttamen­te dai Comuni. Noi ci affianchia­mo con il reddito di inclusione attiva, in collaboraz­ione con i Comuni capoluogo, per cui abbiamo stanziato 2,8 milioni. Infine, presto presentere­mo un progetto costruito insieme a Veneto Lavoro, una piattaform­a che mette in rete tutte le organizzaz­ioni che si occupano di inclusione sociale e lotta alla povertà, dalla Caritas alle parrocchie, così da razionaliz­zare gli interventi migliorand­one l’efficacia».

L’assessore al Sociale Ci sarà un’inversione di tendenza nel bilancio, dagli investimen­ti alla disabilità. A gennaio l’aumento delle quote per le case di riposo

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Sociale Manuela Lanzarin

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