I fratelli al Cas di Pescantina «Equivoco, lì per fare carità»
«Volevamo invitarli in pasticceria con le nostre famiglie». E in procura depositano denunce e video
Rimandano al mittente le accuse di «irruzione» a villa Vezza e di essere vicini alla destra radicale. E i due fratelli denunciati rilanciano con delle loro querele e due video portati in procura per smentire di aver aggredito i migranti.
«È stato tutto un grande fraintendimento. Noi non abbiamo capito cosa dicevano e loro non hanno capito quello che noi volevamo fare. Ci sembra che tutta la faccenda sia stata assolutamente strumentalizzata». I due fratelli di Sommacampagna accusati di essere entrati a Villa Vezza di Pescantina, dove sono ospitati 19 richiedenti asilo nigeriani, non si immaginavano minimamente che quel gesto avrebbe sollevato un bailamme politico, tanto da innescare interrogazioni parlamentari e richieste di chiarimento da parte di Sinistra Italiana e del deputato di Possibile! Pippo Civati. E men che meno si immaginavano di incassare un rosario di denunce e di «etichette» - compresa quella di essere simpatizzanti di estrema destra - a cui ora faranno da controcanto le querele che presenterà in procura il loro avvocato Alessandro Trevisan per simulazione di reato, sequestro di persona, calunnia e diffamazione. Perché di quanto accaduto nel tardo pomeriggio dell’8 dicembre dentro quella struttura in cui non erano presenti responsabili od operatori, loro due danno una versione diametralmente opposta di quella ricostruita in base alle dichiarazioni dei nigeriani. E a loro favore giocano due video che verranno consegnati agli inquirenti e che raccontano quanto accaduto nella villa. «Eravamo in una pasticceria vicina a festeggiare il compleanno della moglie di mio fratello con i nostri figli - racconta il maggiore dei due -e abbiamo pensato di andare a invitare i migranti. Noi abitiamo lì vicino, sappiamo che ci sono famiglie con bambini e li vediamo sempre chiusi dentro la struttura. Pensavamo di fare un gesto caritatevole. Il cancello era aperto, abbiamo suonato e ci hanno aperto la porta, mentre alcuni di loro erano sull’ingresso. Io sono rimasto nell’atrio, gli abbiamo detto che volevamo offrire loro qualcosa da bere o da mangiare e loro hanno fatto segno a mio fratello di salire, probabilmente pensando che cercassimo l’operatore. Lui è andato al piano superiore, ha bussato a varie porte, ha aperto ma non c’era nessuno. Quando è sceso hanno chiuso la porta d’ingresso. Mio fratello è rimasto dentro e ha iniziato a chiedere aiuto dicendo che avrebbe chiamato la polizia, mentre io ero fuori. Forse è da quello che hanno pensato che lui avesse detto che è un poliziotto. A quel punto lo hanno fatto uscire». Un racconto ben diverso da quello che parlava di un’irruzione nella casa. E che nel prosieguo differisce ancora di più dalla prima ricostruzione. «A quel punto continua uno dei due fratelli siamo rimasti bloccati nel giardino della villa, con il cancello chiuso. E a chiamare i carabinieri siamo stati noi». Tutto filmato, comprese le telefonate sia al 113 che al 112. E compresa anche la manata di un ospite della struttura al cellulare di uno dei due fratelli. «Nessuno ci ha portato in caserma. Quando sono arrivati i militari ci hanno fatto uscire e ci hanno chiesto le generalità. Quelli”liberati” non sono stati i migranti, ma noi». Rimandano al mittente le accuse di essere vicini alla destra radicale, i due fratelli. «Abbiamo partecipato più volte alle iniziative di Verona ai Veronesi. Che ne facciano parte esponenti di Forza Nuova o del Veneto Fronte Skinheads non lo sapevamo. E neanche ci interessa. Abbiamo sempre saputo che si tratta di un movimento apartitico e apolitico. Noi quel movimento lo stimiamo perché porta avanti un discorso contro le cooperative che sfruttano i richiedenti asilo, che per noi sono persone come tutte le altre di cui si approfittano le imprese che gestiscono il loro soggiorno in Italia». Saranno le indagini dei carabinieri e della procura a dirimere il «giallo» di villa Vezza. «E se l’onorevole Civati vuole chiarimenti - aggiunge l’avvocato Trevisan - può parlare direttamente con i miei clienti che li faranno a lui, invece di usare politicamente questa vicenda e sindacare su palesi fraintendimenti dietro a un gesto che voleva essere d’integrazione». Ma che, evidentemente, così da più di qualcuno non è stato recepito.
I fatti
Siamo stati noi a chiamare i carabinieri e di tutto quanto accaduto abbiamo i filmati La politica
Noi di Verona ai Veronesi? Li seguiamo perché sono contro le coop che sfruttano i migranti