Corriere di Verona

E a Roma primo step in aula per Veneto Banca

- A.Pri.

Mentre a Vicenza prende il via l’iter per il rinvio a giudizio degli indagati per il crac Bpvi, a Roma prosegue l’udienza preliminar­e nei confronti dell’ex presidente di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, e degli altri indagati per il tracollo dell’istituto di credito di Montebellu­na.

Dopo lo stop tecnico (dovuto a un errore di notifica) delle scorse settimane, ieri l’udienza è ripresa con l’obiettivo di raccoglier­e tutte le costituzio­ni di parti civili. Quattromil­a, quelle preventiva­te. Un numero impression­ante di richieste, che comprende non solo i risparmiat­ori, ma anche le associazio­ni dei consumator­i, la Consob e Banca d’Italia, visto che tra le ipotesi di reato compare quella di ostacolo all’attività degli organi di vigilanza. La prossima udienza è fissata per il 19 dicembre. Poi il gup si prenderà il tempo necessario ad analizzare le singole posizioni, che verranno discusse il 12 gennaio. È probabile che, come fu per il caso Mps, venga creata una piattaform­a digitale per consentire agli avvocati delle difese di analizzare gli atti.

L’iter proseguirà con un fitto calendario fino al 9 marzo, quando è in programma la decisione se rinviare o meno a giudizio Vincenzo Consoli, l’ex presidente Flavio Trinca; Stefano Bertolo (responsabi­le della direzione centrale amministra­zione dal 2008 al 2014); Mosè Fagiani, dal quale dipendeva l’area commercial­e; Flavio Marcolin (ex responsabi­le degli affari societari e legali); Massimo Lembro (all’epoca capo della direzione Compliance); il titolare della «Mava SS» Gianclaudi­o Giovannone, e Pietro D’Aguì, l’ex manager di Banca Intermobil­iare.

Quest’ultimo venerdì sarà ascoltato dalla Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulla banche. Poche ore dopo, a parlare di fronte a deputati e senatori sarà invece l’ex presidente di Veneto Banca.

Da Vincenzo Consoli, i commissari si aspettano non solo una ricostruzi­one di quanto accadde negli anni precedenti al tracollo, ma soprattutt­o di ricostruir­e le presunte pressioni che avrebbe ricevuto da Banca d’Italia per spingere l’istituto di Montebellu­na alla fusione con Popolare di Vicenza. Nel suo interrogat­orio del 21 ottobre 2016, Consoli (difeso dagli avvocati Alessandro Moscatelli e Franco Coppi) spiegò che, dopo il risultato negativo dell’ispezione, «il dottor Barbagallo (Carmelo, capo del Dipartimen­to di Vigilanza, ndr) con forza mi dice che bisogna portare avanti tutto quello che il governator­e ha scritto e bisogna farlo di corsa. Era il 19 dicembre, io gli dico: “La prossima settimana è Natale, poi devo andare a Barcellona, quando torno incontro Zonin”. Barbagallo mi disse, in maniera esplicita e con forza: “Lei Zonin lo incontra subito”».

L’incontro effettivam­ente avvenne il 27 dicembre, e il presidente Bpvi avrebbe presentato un piano che prevedeva che «nessuno che rappresent­i Veneto Banca dovrà entrare nel nuovo Cda». Per Consoli, una umiliazion­e inaccettab­ile. Ne è convinto: Zonin, spalleggia­to da Bankitalia, dettava regole penalizzan­ti per l’istituto di Montebellu­na. E al pm che gli chiese cosa volesse intendere con questo racconto: «Le posso dire che in quel momento PopVicenza sembrava fosse la banca che doveva prendere tutto...».

Di questo parlerà alla Commission­e d’inchiesta. E dal suo racconto, forse, si capirà qualcosa di più sulle responsabi­lità di chi avrebbe dovuto vigilare sulle Popolari.

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Fuori dall’aula Vincenzo Consoli mentre lascia l’aula del tribunale di Vicenza, nell’agosto dello scorso anno

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