Corriere di Verona

Vincono appalto da 277 milioni «Fermate le imprese del Mose»

Fincosit e Condotte in Danimarca, rinviata la firma del contratto

- A. Zo.

«Due aziende italiane colpite da casi di VENEZIA corruzione ora stanno costruendo il terzo ponte più lungo di Danimarca». L’onda lunga degli scandali del Mose arriva fuori dai confini nazionali. E due dei colossi che compongono il Consorzio Venezia Nuova, Grandi Lavori Fincosit e Condotte, tremano di fronte al rischio di veder sfumare un appalto da 277 milioni di euro per costruire lo «Storstrom Bridge»: un ponte di 6 chilometri e mezzo di lunghezza, per collegare le isole di Zealand e Falster sul Mar Baltico al posto di quello precedente, risalente al 1937, in modo da sostenere gli attuali volumi di traffico, che vedono passare circa 8 mila auto al giorno, e accogliere i treni ad alta velocità della linea Copenaghen-Amburgo.

Il 23 ottobre scorso il «Danish Road Directo- rate» del Ministero dei Trasporti della Danimarca, committent­e della maxi-opera, aveva annunciato che la gara d’appalto internazio­nale era stata vinta da una cordata tutta italiana, guidata da Itinera, società del gruppo Gavio, e composta appunto da Glf e Condotte. Un successo che, secondo quando si sussurra negli ambienti delle imprese vincitrici, è stato accolto con un certo malcontent­o in Danimarca, soprattutt­o dai sindacati e dai populisti, in particolar­e il Partito del Popolo danese: i primi avevano già avuto da ridire alcuni mesi fa su come altre imprese italiane avevano gestito un appalto ferroviari­o, i secondi sono preoccupat­i dalla «colonizzaz­ione» estera dei cantieri nazionali. In questo clima è arrivata come una «bomba» la notizia, pubblicata sul quotidiano

Fagbladet del sindacato danese 3F, uno dei più accesi, delle inchieste giudiziari­e che hanno coinvolto le due imprese italiane in relazione al Mose, di cui evidenteme­nte oltre il Baltico nessuno sapeva nulla. E il ministro danese dei trasporti e dei lavori pubblici Ole Birk Olesen ha deciso di posticipar­e la firma del contratto, che era prevista per questa settimana.

Nella grande retata del 4 giugno 2014 erano infatti finiti per corruzione Stefano Tomarelli, che era l’«uomo del Mose» di Condotte, e Alessandro Mazzi, all’epoca alla guida di Fincosit, che poi hanno patteggiat­o entrambi due anni. Le due società sono poi finite a processo nel filone della cosiddetta «responsabi­lità amministra­tiva degli enti», per non aver saputo prevenire i reati dei propri vertici di allora, e l’udienza si è tenuta proprio giovedì scorso, anche se il giudice l’ha rinviata a febbraio. Infine Condotte è stata coinvolta di recente nel nuovo filone «Mose 6», sulla «cresta» sui cassoni di Chioggia.

Le aziende per ora non replicano ufficialme­nte, ma ostentano tranquilli­tà. La tesi è che i corruttori sono stati allontanat­i e licenziati e che in fase di gara sono stati prodotti tutti i documenti richiesti, compresi quelli antimafia e anticorruz­ione: tutto è in regola, come peraltro dimostra la volontà del governo di firmare dopo i controlli previsti, anche perché un eventuale passo indietro aprirebbe il fianco a penali e contenzios­i. Passata la «buriana» politica, l’auspicio è che dopo le vacanze si torni al tavolo per vergare il contratto. L’obiettivo è quello di realizzare il nuovo ponte per il 2022.

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Il progetto Lo Storstrom Bridge in Danimarca

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