Il grande colpo di Palazzo Ducale Rubati gioielli dei Maharaja per 3 milioni
Ladri confusi tra i turisti, il giallo dell’allarme in ritardo. Il questore: «Opera di professionisti»
Sono entrati e usciti mescolati fra i turisti. Ma con in tasca alcuni gioielli dei «Tesori dei Moghul e dei Maharaja», mostra allestita a Venezia a Palazzo Ducale fino a ieri. Il giorno del colpo, davvero clamoroso. Riuscito anche perché i ladri, forse due, avrebbero ritardato l’allarme. Il bottino? Una spilla e una coppia di orecchini che valgono circa tre milioni di euro.
Sono entrati dall’ingresso principale, in coda e confusi tra un esercito di turisti. Alla stessa maniera hanno guadagnato l’uscita, mescolati tra i visitatori che lasciavano le sale per tornare in piazza San Marco. Solo con in tasca gioielli per milioni di euro. Li hanno rubati in pochi istanti grazie ad un gioco di mano rapidissimo e, forse, ad un importante aiuto tecnologico, sufficiente a beffare i sistemi di allarme e coprire la fuga.
Ieri mattina, nel cuore di Venezia, una coppia di ladri è riuscita a mettere a segno un furto degno dei più smaliziati delinquenti raccontate dalle pellicole di Hollywood, sottraendo una spilla e una coppia di orecchini dalle teche della mostra temporanea dedicata ai «tesori dei Moghul e dei Maharaja». Una mostra che negli ultimi mesi ha occupato tre sale di palazzo Ducale, affiancandosi all’esposizione permanente. Non stupisce che, al terzo giorno di gennaio, qualcuno parli già di «colpo dell’anno»: in una città ricca di capolavori inestimabili il bersaglio non poteva comunque essere più in vista, con buona pace dei sistemi di sicurezza a vari livelli che lo stesso sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, proprietario della collezione, aveva voluto aumentare.
I protagonisti del furto, che stando alle prime ricostruzioni sarebbero «professionisti», sono entrati nel museo di prima mattina, acquistando regolarmente il biglietto; hanno attraversato le stanze del Ducale, raggiunto la sala del Maggior Consiglio e quindi sono entrati nella sala dello Scrutinio e nei locali adiacenti, dove si concentrava la mostra temporanea. Muovendosi a colpo sicuro, i ladri hanno ignorato l’allestimento principale – dove risplendevano i pezzi più pregiati, diademi dal valore inestimabile e gemme che risalgono a secoli fa – preferendo prendere di mira le teche che custodivano le creazioni più recenti, realizzate su commissione per sovrani e nobili indiani dai maestri orefici di tutto il mondo; le prime indiscrezioni vogliono che la refurtiva fosse targata Cartier, in ogni caso la stessa fondazione Musei Civici di Venezia conferma che si trattava di elementi «minori» della collezione.
I «Lupin» della laguna si sono avvicinati alla vetrina che custodiva i preziosi e, mentre uno faceva scudo, mettendosi tra il complice e gli occhi di visitatori e guardasala, l’altro apriva la teca e faceva sparire nelle sue tasche i gioielli, forse usando un fazzoletto per coprire le impronte e occultare il maltolto.
Gli espositori in vetro e acciaio – gli stessi che la mostra ha utilizzato nelle altre tappe in giro per il mondo - sono collegati agli allarmi silenziosi del palazzo, a loro volta il linea diretta con la centrale operativa della questura, ma qualcosa non ha funzionato, come ha spiegato ieri il questore Danilo Gagliardi, che parla di «una conoscenza tecnologica altamente sofisticata da parte dei malviventi, una tecnica che ha permesso loro di aprire le teche senza danneggiarle e ritardare l’entrata in funzione dell’allarme».
Non hanno aiutato neppure le peculiarità delle sale in questione, caratterizzate da pavimenti molto elastici, tanto da causare frequenti falsi allarmi. Ecco quindi che, prima ancora che il segnale di emergenza fosse processato, alle 10, i ladri si erano già dileguati, attraversando a passo svelto la porta della Carta – l’uscita principale del palazzo – e confondendosi tra la folla di San Marco. Pochi minuti dopo, i poliziotti hanno blindato il museo e chiunque volesse lasciare l’edificio è stato controllato e perquisito ma ormai i responsabili erano già lontani.
Ora alle autorità non resta altro da fare se non passare al setaccio ogni fotogramma ripreso dalle telecamere di sorveglianza, dopo i rilevi sul posto della polizia scientifica – mossasi con il supporto del servizio centrale operativo nazionale: «L’indagine è un classico mosaico, dobbiamo partire dai particolari per poi allargarci e risalire agli autori, che ancora non possiamo identificare come italiani o stranieri – ha spiegato il questore vicario Marco Odorisio, giunto sul posto in sostituzione di Gagliardi, che ieri è rientrato precipitosamente dalle ferie – Sicuramente ci sarà stato un sopralluogo dei ladri, stiamo verificando anche questo con le telecamere». Non è esclusa nemmeno l’ipotesi di una talpa.
L’altra linea delle indagini è quella della pietre: si tratta di gioielli celebri e ben catalogati, che difficilmente potranno essere rivenduti così come sono: «Più facile che siano smontati e ricettati a pezzi» continua Odorisio, che comunque non esclude l’ipotesi di un furto su commissione. Resta il dubbio del valore effettivo dei preziosi: alla dogana i tre pezzi rubati sono stati indicati come corrispondenti a 30 mila euro circa, ma il loro prezzo «commerciale» pari si aggiri tra i due e i tre milioni di euro. Per scoprirlo, le forze dell’ordine hanno già inviato le foto alla sede londinese della collezione.