Melegatti, in settimana l’intesa o l’azienda rischia
Proprietà-Abalone, il braccio di ferro su fondi e garanzie
In settimana si deciderà il futuro di Melegatti. Il nodo è sempre lo stesso: la firma sull’accordo quadro che ratifichi gli impegni, anche economici, del fondo Open Capital di Abalone Asset Management e i futuri assetti societari.
Entro questa settimana si deciderà il futuro di Melegatti. Il nodo è sempre lo stesso: la firma sull’accordo quadro che ratifichi gli impegni, anche economici, del fondo Open Capital di Abalone Asset Management e, per contro, la definizione dei futuri assetti societari derivanti dall’investimento finanziario del fondo. Nel braccio di ferro per spuntare le condizioni migliori si spiega il prolungato stallo dell’azienda dolciaria veronese. L’incontro che si è tenuto ieri in prefettura tra le organizzazioni sindacali, i professionisti rappresentanti la proprietà e i commissari nominati dal tribunale, l’avvocato Bruno Piazzola e il commercialista Lorenzo Miollo, ha chiarito che oltre questa settimana le trattative non possono proseguire. La proprietà, che ha dato al fondo un termine di 48-72 ore, chiede un accordo con maggiori garanzie economiche per la campagna di Natale (già realizzata) per quella pasquale (in stand-by) e certezze per il futuro dell’azienda. I manager del fondo stanno analizzando le proposte: i contatti tra i professionisti sono serrati, ma c’è la conferma che da parte del fondo la firma è attesa entro questa settimana. Andare oltre significherebbe mettere a rischio la produzione di colombe e di dolci pasquali per mancanza dei tempi tecnici e metterebbe in pericolo il piano.
Da parte loro, i commissari hanno lasciato intendere che una decisione va presa in tempi brevi, pena la possibile anticipazione della data entro cui presentare il piano di ristrutturazione del debito che va consegnato, in tribunale, non oltre (salvo proroghe) il 7 marzo. Persembra ché al di là all’accordo sulla campagna di Pasqua e sui futuri assetti societari, non si può dimenticare che l’azienda ha presentato domanda di concordato in bianco e che i giudici del tribunale e i commissari si attendono entro quella data un piano di ristrutturazione che sia in grado di stare in piedi. Così non fosse, il fallimento di Melegatti diventerebbe cosa reale. Un piano B con, eventualmente un altro fondo che prenda il posto di Abalone, non ipotesi realistica. Quindi, una soluzione va trovata tra questi protagonisti.
I lavoratori, ieri in sciopero davanti alla prefettura, dovranno pazientare ancora qualche giorno per conoscere il loro futuro che potrebbe essere il ritorno alla produzione in tempi relativamente brevi, o un ulteriore prolungamento dell’inattività, concretizzazione di pessimi presagi. «Siamo in attesa – confidavano ieri mattina – non capiamo cosa stia succedendo e, ormai, in azienda non abbiamo più niente da fare se non riparte la produzione». Oggi si riuniranno in assemblea assieme alle organizzazioni sindacali per decidere se intraprendere altre forme di protesta o se aspettare gli esiti delle trattative. «Dal nostro punto di vista – hanno ribadito i sindacati – il tavolo non ha dato risposte a nessuna delle tre questioni che abbiamo posto: ad oggi non c’è certezza sull’avvio della campagna di Pasqua, non sull’accordo quadro, né sul pagamento dei prossimi stipendi. Ci è stato confermato che le trattative proseguono e, nell’interesse di Melegatti, speriamo che l’accordo sia raggiunto al più presto. In ogni caso, nostri garanti sono i commissari che sapranno sicuramente fare chiarezza in questa fase delicata della società».