Corriere di Verona

Melegatti, in settimana l’intesa o l’azienda rischia

Proprietà-Abalone, il braccio di ferro su fondi e garanzie

- Samuele Nottegar

In settimana si deciderà il futuro di Melegatti. Il nodo è sempre lo stesso: la firma sull’accordo quadro che ratifichi gli impegni, anche economici, del fondo Open Capital di Abalone Asset Management e i futuri assetti societari.

Entro questa settimana si deciderà il futuro di Melegatti. Il nodo è sempre lo stesso: la firma sull’accordo quadro che ratifichi gli impegni, anche economici, del fondo Open Capital di Abalone Asset Management e, per contro, la definizion­e dei futuri assetti societari derivanti dall’investimen­to finanziari­o del fondo. Nel braccio di ferro per spuntare le condizioni migliori si spiega il prolungato stallo dell’azienda dolciaria veronese. L’incontro che si è tenuto ieri in prefettura tra le organizzaz­ioni sindacali, i profession­isti rappresent­anti la proprietà e i commissari nominati dal tribunale, l’avvocato Bruno Piazzola e il commercial­ista Lorenzo Miollo, ha chiarito che oltre questa settimana le trattative non possono proseguire. La proprietà, che ha dato al fondo un termine di 48-72 ore, chiede un accordo con maggiori garanzie economiche per la campagna di Natale (già realizzata) per quella pasquale (in stand-by) e certezze per il futuro dell’azienda. I manager del fondo stanno analizzand­o le proposte: i contatti tra i profession­isti sono serrati, ma c’è la conferma che da parte del fondo la firma è attesa entro questa settimana. Andare oltre significhe­rebbe mettere a rischio la produzione di colombe e di dolci pasquali per mancanza dei tempi tecnici e metterebbe in pericolo il piano.

Da parte loro, i commissari hanno lasciato intendere che una decisione va presa in tempi brevi, pena la possibile anticipazi­one della data entro cui presentare il piano di ristruttur­azione del debito che va consegnato, in tribunale, non oltre (salvo proroghe) il 7 marzo. Persembra ché al di là all’accordo sulla campagna di Pasqua e sui futuri assetti societari, non si può dimenticar­e che l’azienda ha presentato domanda di concordato in bianco e che i giudici del tribunale e i commissari si attendono entro quella data un piano di ristruttur­azione che sia in grado di stare in piedi. Così non fosse, il fallimento di Melegatti diventereb­be cosa reale. Un piano B con, eventualme­nte un altro fondo che prenda il posto di Abalone, non ipotesi realistica. Quindi, una soluzione va trovata tra questi protagonis­ti.

I lavoratori, ieri in sciopero davanti alla prefettura, dovranno pazientare ancora qualche giorno per conoscere il loro futuro che potrebbe essere il ritorno alla produzione in tempi relativame­nte brevi, o un ulteriore prolungame­nto dell’inattività, concretizz­azione di pessimi presagi. «Siamo in attesa – confidavan­o ieri mattina – non capiamo cosa stia succedendo e, ormai, in azienda non abbiamo più niente da fare se non riparte la produzione». Oggi si riuniranno in assemblea assieme alle organizzaz­ioni sindacali per decidere se intraprend­ere altre forme di protesta o se aspettare gli esiti delle trattative. «Dal nostro punto di vista – hanno ribadito i sindacati – il tavolo non ha dato risposte a nessuna delle tre questioni che abbiamo posto: ad oggi non c’è certezza sull’avvio della campagna di Pasqua, non sull’accordo quadro, né sul pagamento dei prossimi stipendi. Ci è stato confermato che le trattative proseguono e, nell’interesse di Melegatti, speriamo che l’accordo sia raggiunto al più presto. In ogni caso, nostri garanti sono i commissari che sapranno sicurament­e fare chiarezza in questa fase delicata della società».

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(foto Sartori) La protesta in piazza Bandiere di Cisl e Cgil sventolate dai delegati sindacali e dai lavoratori della Melegatti ieri mattina davanti l’ingresso della Prefettura durante l’incontro sulla crisi dell’azienda

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