VENETO IN LISTA DEFICIT POLITICO
La peggior campagna elettorale di sempre per eleggere i peggiori parlamentari di sempre. In cui c’è spazio per tutto (gossip, colpi bassi, chiacchiericcio politichese e balle spaziali) tranne che per la politica. Dove tutti parlano male degli altri, ma nessuno ci dice dove ci vorrebbe portare. E non parliamo dell’Italia: parliamo del Veneto. Che non ha alcuna specificità positiva, rispetto al resto del paese, da rivendicare. Purtroppo. Del centro-destra, la Lega è la componente più importante, quella che porterà in parlamento il numero maggiore di candidati, rispetto a tutte le altre forze politiche. É la stessa Lega che ha voluto con forza e appena celebrato, con forte supporto popolare, un referendum per ottenere maggiore autonomia dall’odiato stato romanocentrico. Bene: quale occasione migliore di queste elezioni per mandare in parlamento una forte squadra di rappresentanti del territorio, preparati, capaci, motivati, competenti, tecnici inclusi, per portare a casa il risultato? Niente di tutto questo. La Lega non schiera un solo tecnico, un solo personaggio di primo piano, un solo nome di importanza e notorietà nazionale, e manda solo parlamentari uscenti di cui nessuno ricorda il nome al di fuori della ristretta schiera dei militanti, e una caterva di yesmen, usando le elezioni nazionali per i propri regolamenti di conti interni. Forza Italia, non avendo mai avuto un progetto per la regione, e avendo sostenuto la causa dell’autonomia solo per convenienza elettorale, rimanda in lizza i suoi soliti stranoti parlamentari di lungo corso, gli assenteisti professionali, e qualche recordman del cambio di casacca, senza nessuna caratterizzazione regionalistica. L’opposizione conta meno, e di parlamentari ne esprimerà pochi. Li sceglie tra i più preparati e caratterizzanti il territorio? No. Nel centro-sinistra, il Pd, a parte i big nazionali (il ministro Minniti, il simbolo Lucia Annibali), sceglie, con poche eccezioni, per i collegi sicuri, più i fedeli alla linea (nazionale) che i competenti (anche su questioni locali), che sono in molti casi a rischio. E sullo specifico veneto ribadisce di fatto una linea di subalternità culturale, senza visione alternativa: come al referendum sull’autonomia, del resto – sì, ma critico. Mentre la sinistra di Liberi e Uguali, pur mettendo qualche esponente della società civile, schiera in pole position nomi di trascinamento nazionale come Bersani e Falcone, e molti fuoriusciti del Pd, che in esso non avrebbero avuto più un futuro: senza alcuna idea alternativa di regione.
Eil Movimento 5 Stelle, la grande attesa di queste elezioni, che fa? Ci dice qual è il suo progetto? No, perché non ce l’ha, e quindi manda avanti i suoi signor nessuno. Forse non peggiori dei piccoli signor qualcuno candidati altrove, ma certamente non migliori nemmeno di un pollice. E per giunta addestrati al peggiore gossip malevolo nei confronti degli altri (chiamarla denuncia è parola grossa ed eccessivamente nobilitante), ma del tutto privi di una proposta per il territorio. Anch’essi votati ad essere degli ininfluenti yesmen, e yeswomen per parità di genere. Il Veneto, protagonista nella specialità politica del lamentarsi di Roma senza tirarsi su le maniche per fare altrimenti (a differenza di quanto accade in altri settori della vita della regione, dall’impresa alla cultura al sociale), contesta da sempre, e a ragione, il fatto di essere sottorappresentato nella vita politica nazionale: inesistenti ministri, pochi sottosegretari, quasi nulle personalità nei ruoli rilevanti della vita istituzionale del paese, con pochissime eccezioni di persone di valore elette. Diciamocelo francamente: con il tipo di rappresentanza che manda in parlamento – che non rappresenta per niente la realtà della regione, che di eccellenze invece ne ha molte – non deve proprio stupirsi del perché. E con le scelte fatte ha posto le premesse perché questa tendenza prosegua e anzi si rafforzi. Tutto il contrario di ciò che questa regione ha bisogno. E un danno per tutti, non solo per la politica.