SAN MICHELE EXTRA VUOLE TORNARE A SENTIRSI PAESE
«Vite di quartiere» è una serie a puntate del Corriere di Verona per raccontare come cambiano i quartieri veronesi, i loro problemi, ma anch la loro vitalità. Si possono segnalare storie alla mail alessio.corazza@rcs.it
San Michele Extra si sente ancora un po’ «paese», come è stato a partire dall’anno mille. Ma i cambiamenti demografici degli ultimi decenni hanno lasciato il segno. E la chiusura dell’ex lanificio Tiberghien nei primi anni Duemila, ha lasciato un vuoto economico, sociale e urbanistico mai colmato.
Giancarlo Morbioli ha scritto un librone da oltre trecento pagine sulla storia del suo quartiere, San Michele Extra, e l’ha pubblicato assieme alla moglie Anna Leso (ex assessore, oggi consigliere comunale) in occasione del loro quarantesimo anniversario di matrimonio. «È il racconto attento e minuzioso del mio “paese”», scrive.
Il «paese», che è stato comune autonomo fino al 1927 quando fu inglobato, come frazione, a quello di Verona, ha una storia millenaria sviluppatosi attorno al convento delle monache benedettine dove, nel Medioevo, vennero ordinate anche tre nipoti di Dante Alighieri e che sopravvisse fino al 1806, quando Napoleone ordinò la soppressione degli ordini religiosi. In parte San Michele un «paese» lo è ancora, con il suo centro fatto di corte rurali storiche, con il suo cinema-teatro parrocchiale sede stabile della compagnia Barcaccia, con le sue tradizioni molto sentite come la sagra della «verza michelina» che si tiene ogni novembre in piazza del Popolo. Certo, molto è cambiato dai tempi in cui Morbioli era ragazzo; quando con gli amici si trovava a tirare quattro calci al pallone nel cortile della chiesa, quando c’erano ancora numerosi negozi di vicinato, quando tante famiglie avevano lo stipendio a fine mese grazie alla Tiberghien. Di ragazzi, oggi, ce ne sono sempre meno; artigiani e commercianti abbassano le serrande (tra i primi i genitori di Morbioli che chiusero l’alimentari già a fine anni Ottanta); e l’ex lanificio, chiuso dai primi anni Duemila, ha lasciato un vuoto economico, sociale e urbanistico mai colmato.
«Tanti miei amici di allora se ne sono andati al Carlo Steeb», dice Morbioli, intendendo la parrocchia attorno a cui si è concentrato tutto lo sviluppo edilizio più recente, «e hanno affittato le loro vecchie case spesso a extracomunitari». Lo si nota subito passeggiando per via Unità d’Italia: un fiocco rosa sul balcone annuncia la nascita di una bimba dal nome africano, una bandiera dello Sri Lanka sventola da un pennone, i bar compreso il vecchio «centrale» - ormai tutti cinesi. «Abbiamo 17 mila abitanti con Madonna di Campagna, di cui 2.500 stranieri - spiega - e comunque è solo grazie a loro che la popolazione si è mantenuta costante, altrimenti ci sarebbe stato uno spopolamento. Certo è che si sta perdendo l’identità, la maggior parte dei nuovi residenti non sono sanmichelati».
Il tessuto demografico inizia a cambiare a partire dagli anni Settanta, che coincidono con le prime crisi della Tiberghien e le prime drastiche riduzioni di personale. Il lanificio, inaugurato nel 1907, era arrivato a impiegare negli anni d’oro fino a 1.600 maestranze, molti residenti proprio a San Michele dove la famiglia proprietaria, tre fratelli francesi e molto religiosi, aveva fatto costruire numerosi alloggi. La Tiberghien, per San Michele Extra, è stata molto più che un datore di lavoro: è stata la fabbrica che ne ha accompagnato la crescita, lo sviluppo, la prosperità. Finanziava la squadra di calcio dell’Audace, dove sono nati - calcisticamente parlando Mariolino Corso, mitico «dieci» dell’Inter di Helenio Herrera, ma anche Alberto Malesani, già allenatore di Chievo, Hellas e di tante altre squadre italiane. E nella colonia di Roverè Veronese, tanti giovani sanmichelati figli dei lavoratori Tiberghien, hanno passato estati spensierate.
Oggi, i settantamila metri quadri dell’ex Tiberghien sono una serie di ruderi e di macerie, dal futuro incerto. Esselunga è interessata a costruirci un nuovo supermercato, potrebbero nascere anche nuovi palazzi residenziali. «È stata approvata una variante, non ancora un progetto - ricorda Alessio Carbon, un consigliere di circoscrizione di Battiti -.Speriamo ci sia spazio per una serie di opere per il quartiere, un’area verde, magari una piastra multifunzionale per le attività sportive. Per noi, il futuro dell’ex Tiberghien, rappresenta una grande occasione per rilanciare San Michele».
È soprattutto l’occasione di riportare verso il nucleo storico di San Michele Extra un baricentro che, negli ultimi anni, si è inesorabilmente spostato verso nord e verso est, con i nuovi interventi concentrati lungo via Confortini (dove però sono ancora tanti gli appartamenti invenduti) e nel nuovo Borgo Frugose, oltre la caratteristica torre della Telecom. «Un borgo molto bello, ma non ci sono servizi - nota Carbon -. E poi i prezzi qui sono molti cari. Molti miei amici preferiscono spostarsi a San Martino Buon Albergo, dove le case costano meno». Ben diverso, rispetto alla Tiberghien, è il giudizio sul centro commerciale de La Cercola, che dovrebbe sorgere in un’area oggi agricola all’altezza della grande rotonda che porta al casello di Verona Est e che la giunta Sboarina sta cercando di bloccare. «Non è questo che serve per ridare un futuro a San Michele - dice il 27enne Carbon - Sulla carta non ci manca nulla: piazze, aree verdi come Villa Buri, scuole. Ci mancano, semmai, i ragazzi». (6.continua)