Corriere di Verona

Zaccaria: «A Legge situazioni incancreni­te, difficile intervenir­e»

Padova, l’ex rettore e la crisi del mito: unire i dipartimen­ti

- Alessandro Macciò

Giuseppe Zaccaria Durante il mio rettorato ho fatto varie riunioni, ma non ho trovato riscontri

Dice di averci provato, ammette di non esserci riuscito. E dall’osservator­io privilegia­to del giurista che conosce bene le dinamiche dell’Ateneo, mette in guardia chi si appresta a cimentarsi nell’impresa di risollevar­e Giurisprud­enza dalle sabbie mobili della resistenza al cambiament­o. Giuseppe Zaccaria, 71 anni a marzo, rettore dell’Università di Padova dal 2009 al 2015 e professore ordinario di Teoria generale del diritto, non si sottrae al dibattito sul declino di un corso dilaniato dalle faide interne, che continua a perdere studenti e ad arretrare in termini di valutazion­i. Se il rettore Rosario Rizzuto assicura che i docenti «hanno già iniziato a lavorare» e dice che il problema di Giurisprud­enza «non si risolverà in due minuti», Zaccaria predica pazienza e conferma che «intervenir­e non sarà semplice». Ma l’ex rettore invoca anche l’accorpamen­to dei due dipartimen­ti di Diritto Pubblico e Diritto Privato, divisi da una guerra che ostacola il rilancio.

La crisi di Giurisprud­enza tiene banco da giorni. Che sensazione si prova?

«È un dispiacere. La nostra facoltà ha sempre avuto docenti prestigios­i e una reputazion­e seria, i dati emersi in questi giorni erano noti e dimostrano che negli ultimi anni è cambiato qualcosa».

Il calo degli iscritti è il sintomo di un malessere più profondo. Di chi è la colpa?

«Le cause sono numerose e molto complesse, sia da analizzare che da rimuovere. Durante il mio rettorato avevo convocato diverse riunioni coi docenti sul tema della didattica, finalizzat­e ad attenuare il ritardo degli studenti nel conseguime­nto della laurea e ad alleviare altre criticità rilevanti, ma non avevo trovato riscontri. A Giurisprud­enza ci sono molte situazioni incancreni­te, intervenir­e non sarà semplice».

A cosa si riferisce in particolar­e?

«Un esempio su tutti riguarda il rapporto docentestu­dente, dove non sempre si riscontran­o le caratteris­tiche minime di rispetto e di dialogo che sarebbe lecito aspettarsi. E poi si presta poca attenzione all’internazio­nalizzazio­ne. Concordo con chi dice che bisogna intervenir­e con la forza del convincime­nto e non solo in modo sanzionato­rio, ma qualcuno deve farlo. Avendo fatto il preside della facoltà di Scienze politiche per nove anni, so bene che l’unica soluzione è quella di parlare coi colleghi; ora questo ingrato compito tocca alla presidente della scuola e ai direttori dei due dipartimen­ti».

A proposito, c’è chi propone il ritorno alla dipartimen­tazione unica proprio per superare il dualismo conflittua­le tra Diritto Pubblico e Diritto Privato. Lei cosa ne pensa?

«In effetti il meccanismo dei due dipartimen­ti pone una serie di problemi, anche perché la scuola garantisce una forma di collegamen­to insufficie­nte. Quello del dipartimen­to unico è un obiettivo giusto, che però potrà arrivare solo al termine di un processo laborioso: cercare di calare la decisione dall’alto sarebbe sbagliato, bisogna partire dal basso e agire con calma. In altre parole sarà un lavoro lungo, che deve puntare a risolvere i problemi uno alla volta per ridurre la complessit­à. Altrimenti non resterà che un cumulo ingestibil­e».

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