Cento puntate di un viaggio iniziato nel 2008 Da Mestre a Malcesine, la scala dei sapori
Note di Gusto, a quasi dieci anni dall’esordio della rubrica nel Corriere
del Veneto, il 5 ottobre del 2008, festeggia le 100 puntate. Da allora, più che molta acqua sotto i ponti, molti sapori sono passati sotto il palato. Di alcuni di essi è rimasta memoria, positiva o negativa. Di altri nulla. Vi sono persino emozioni di cui siamo stati i primi a scrivere, un «pionierismo» – ci si perdonerà la civetteria – che ci rende particolarmente fieri e avrà allietato i lettori. Mi viene in mente, ma è solo il primo nome che emerge dalla memoria, l’Osteria Zero di Zero Branco (Treviso) con il suo patron Giuseppe Stefani, inserita, dopo la nostra «Nota» squillante, nelle guide nazionali più prestigiose. Di lui e di quelli come lui mi colpiscono l’umiltà, la sincera riconoscenza verso i maestri, la ricerca, anzi, il vero e proprio studio, la capacità di coinvolgere: la passione, insomma, quella stessa passione che dovrebbe sempre guidare operatori e appassionati.
Ci si consenta dunque qualche riflessione prima di scherzare un po’ festeggiando questa piccola ricorrenza. Cominciamo da un dato indiscutibile: in dieci anni il panorama gastronomico veneto è cambiato molto. E in meglio. Lo dicono voci molto ben più autorevoli della mia in materia: mai in Italia – e quindi anche nella nostra Regione si è mangiato così bene. Siamo diventati un po’ più francesi, abbiamo capito che la cucina è uno dei più importanti biglietti da visita del nostro paese. Per comprenderlo abbiamo dovuto subire l’eccesso, è vero: ore ed ore di trasmissioni televisive, spesso improbabili, noiose se non inguardabili. Ma è servito: molti ragazzi aspirano a diventare cuochi, molte persone guardano il cibo con più rispetto. Si va forse meno frequentemente al ristorante di quanto non si facesse anche in un recente passato ma con più coscienza. Rovescio della medaglia: quel patrimonio di cucina domestica, tramandato di generazione in generazione dalla sapienza, dalla grazia e dall’intuito femminile, sta scemando. Fateci caso: sempre più spesso quando si è invitati a cena, ai fornelli c’è il padrone di casa. Vi è poi un rischio a cui siamo sottoposti tutti. La giusta e doverosa ricerca del cibo sano, a chilometri zero, talvolta è disgiunta da una parimenti etica ambizione al buono. Natura non sempre fa rima con cultura ma questo è lo scotto che una generazione che sta passando dal piacere nudo a quello esplicito, concettualizzato e documentato (occhio però alle fake news sul cibo: sono tra le più esilaranti) deve pagare. Fine dei discorsi seri. Ora, ringraziando i numerosissimi lettori che mi seguono e scrivono (anche criticandomi) dopo ogni puntata, gioco un po’ con il mio vero mestiere e da musicista goloso vi offro una singolare scala di do maggiore, scala che risulterà non tanto un sistema ordinato di suoni, ma un soffio disordinato di suggestioni. Cominciamo:
DOve si mangia il miglior tramezzino al mondo? A Mestre, vicino alla piazza cittadina, al Bar Galleria. Se si comincia con uno è finita.
REgina del tortellino: Nadia Pasquali del Borsa di Valeggio sul Mincio (Verona). Pare i suoi «nodi d’amore» abbiano commosso persino papa Ratzinger.
MIrabolante Leandro Luppi, lo chef della Vecchia Malcesine, presso l’omonimo borgo gardesano (Verona). Pochi come lui sanno divertirsi e divertire con il pesce di lago.
FAsolato Corrado. L’ho seguito dalla Val Badia, a Venezia, allo Spinechile. Cuoco emozionante: il suo piccione in doppia cottura è ancora impresso nella mia anima.
SOler a Pecol, in Val Zoldana (in provincia di Belluno): trovatemi un altro gelato così.
LAite: il mio ristorante del cuore a Sappada (ora Udine). Coccole, coccole, coccole…
SI mangia il miglior pesce d’Italia: da Cera, a Lughetto di Campagna Lupia, nel Veneziano.
A presto, con la puntata 101.
La ricerca dei cibo sano non deve farci dimenticare la tradizione
In 10 anni il panorama gastronomico veneto è cambiato in meglio