Lo sberleffo di Bertucco Tosi: «Io difendo la laicità» Prime crepe in maggioranza
Sposa chi vuoi. «Ma non a Verona» ironizzavano ieri le opposizioni, dopo la censura alla wedding planner Silvia Cassini a Verona Sposi. Si sprecano le accuse contro Sboarina e i suoi, definiti «talebani» e «oscurantisti».
Sposa chi vuoi. Di sicuro gli arcinemici Flavio Tosi e Michele Bertucco politicamente non si sposeranno mai, eppure ieri si sono ritrovati per una volta sullo stesso fronte, uniti senza distinguo contro Sboarina. Un giorno storico, che dà l’idea del caso politico che si è scatenato.
Tagliente, quasi beffardo, Bertucco: «Prima o poi dovremmo aspettarci la restaurazione dello ius primae noctis a favore del sindaco o di un suo delegato, oppure l’introduzione dell’obbligo in capo alle novelle spose di recarsi dal sindaco dopo la prima notte di nozze lenzuolo alla mano per ufficializzare la prova di verginità». Bertucco ne ha anche per il Popolo della Famiglia – che ha segnalato alla giunta lo stand «incriminato» – e per il leghista Vito Comencini, che aveva definito lo slogan della Cassini «propaganda relativista a favore di altre unioni che nulla c’entrano con la famiglia composta da mamma e papà». «Popolo della Famiglia, Comencini e il sindaco la prossima volta si candidino in Turkmenistan, dove i valori tradizionali resistono», è l’invito di Bertucco.
Più diretto l’ex sindaco: «Non è accettabile che un Comune imponga agli organizzatori di una manifestazione di togliere ciò che non è gradito alla persona dell’avv. Federico Sboarina. L’orientamento politico non può mai prevaricare la libertà delle persone, per di più violando la legge. Un’amministrazione comunale deve essere sempre laica e difendere i diritti di tutti i cittadini. Oltretutto forse il sindaco Sboarina dimentica che a Verona ci sono molti luoghi dove vengono celebrate le unioni civili». Poi la stoccata finale: «Sarebbe stato meglio se l’attuale amministrazione comunale, anziché boicottare lo stand di una professionista, avesse continuato a fare ciò che sta facendo da otto mesi, cioè nulla».
La deputata renziana Alessia Rotta accusa l’amministrazione Sboarina di «ipocrisia. Questo è il vero volto della destra che si finge moderata». Poi prende di mira il suo rivale di collegio Comencini, secondo cui «la famiglia è solo quella composta da mamma e papà. Quindi le coppie che non possono avere figli non sono una famiglia?».
Ma ci sono dei distinguo, seppur velati, anche nello stessa maggioranza. Maria Fiore Adami, consigliera di Battiti - Verona Domani, apre a un dibattito interno: «Io sono per la famiglia naturale, ma sono favorevole alle unioni civili, anche omosessuali, purché non vengano equiparate al matrimonio, o corroborate da pratiche come l’utero in affitto, dato che la genitorialità è uno stato di natura e non uno stato di diritto. Condivido i valori dell’amministrazione, ma non questa deriva intransigente nella loro interpretazione. Noi siamo l’amministrazione di tutti i cittadini e dunque è giusto che inizi a esserci un confronto tra di noi all’interno della maggioranza». Anche la leghista Laura Bocchi, pur parlando di «strumentalizzazione» nel caso di Verona Sposi, si mostra più morbida: «Le unioni civili ci sono e come ha detto Salvini il privato di ognuno è da rispettare. Capisco inoltre quelle coppie omosessuali che sono insieme da una vita e si uniscono civilmente per aver maggiori garanzie. Certo, matrimonio e famiglia sono un’altra cosa, ma non siamo omofobi».
A quando la restaurazione dello ius primae noctis per il sindaco? Dell’amministrazione condivido i valori, non la deriva intransigente