Corriere di Verona

LE MORTI CHE SONO EVITABILI

- di Vittorio Filippi

Èovvio che morire si deve, ma sarebbe meglio che ciò capitasse il più tardi possibile. Anche perché morire non è sempre un destino inesorabil­e a cui non si può sfuggire. Ci sono infatti delle morti evitabili e l’ultimo rapporto del MEV(i) – che significa appunto mortalità evitabile con intelligen­za – calcola che in Italia ci sono stati in un anno circa 105 mila morti (di persone sotto i 75 anni, quindi escludendo gli anziani veri e propri) che avrebbero potuto essere evitate. Detto in altri termini, 105 mila persone oggi potrebbero essere ancora in vita. La mortalità che si può evitare, dice il rapporto, passa per due strade.

La prima, a monte della patologia, è quella della prevenzion­e, dalla promozione della salute alle diagnosi precoci. La seconda, a valle, è quella della cura efficace e di buon livello. Tre le osservazio­ni che lo studio di Mev(i) suggerisce. Il primo è che le morti evitabili, rispetto all’anno prima, sono cresciute di 1.800 unità: un numero statistica­mente modesto, ma eticamente enorme. Perché – proprio da un punto di vista di etica minima – ogni morte evitabile è per definizion­e inaccettab­ile.

In secondo luogo sembra che l’Italia, ancora una volta, si presenti a più velocità, solo che qui non si parla di Pil, di disoccupaz­ione o di consumi, ma di vite umane che – evidenteme­nte – hanno valore diverso a seconda della zona in cui ci si trova.

Perché, sia per la mortalità evitabile maschile che femminile il Trentino risulta essere al top della classifica regionale mentre la Campania presenta i risultati peggiori. Il che spiega, brutalment­e, quel doloroso «turismo sanitario» che sposta malati da un capo all’altro del Paese: con regioni da cui per curarsi si scappa – soprattutt­o Campania, Calabria e Sicilia – e regioni che ricevono ammalati provenient­i da altre aree del Paese come Lombardia, Emilia, Toscana, Veneto. Terzo punto, il Veneto. Che, trattando di mortalità e di salute, potremmo dire che sta bene, addirittur­a molto bene. Infatti i numeri di MEV(i) ci pongono al 4° posto nella classifica maschile ed al 2° in quella femminile. Non solo: Treviso tra le 110 province italiane si pone al 3° posto per la mortalità evitabile maschile e addirittur­a al primo per quella femminile. Chiude invece Napoli per entrambe le mortalità. La sfida, per il Veneto, è di abbattere ancora di più quel numero di morti (e di relative sofferenze) che potrebbe essere evitato. Con una maggiore prevenzion­e e cura di sé (su questo le donne hanno una maggiore attenzione) e con un continuo migliorame­nto dell’efficacia terapeutic­a. Sapendo che per i prossimi decenni l’attenzione sanitaria è già «prenotata» dall’invecchiam­ento della popolazion­e.

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