Mafia imprenditrice apriamo gli occhi
Quello che stiamo vivendo rischia di passare alla storia come il secolo delle mafie se continuiamo a negare o a sottovalutare la presenza del fenomeno, se non capiamo che le cosche ormai agiscono come delle imprese che scambiano beni e servizi, sia sul mercato legale che illegale. Anche in Veneto. Anche a Verona. È un concetto ribadito con forza l’altro ieri in città al convegno dedicato al tema e promosso dalla Regione del Veneto in collaborazione con Avviso Pubblico, l’associazione che mette in rete 400 enti locali italiani – di cui 16 veronesi - che si impegnano a promuovere la cultura della legalità.
«Fare impresa», ha lasciato scritto su un pizzino il boss della mafia siciliana Bernardo Provenzano ai suoi eredi. E i mafiosi di Cosa Nostra, della ‘Ndrangheta, della Camorra e dalla Sacra Corona Unita hanno accolto in pieno il suggerimento. «Bisogna chiedersi da dove arriva il denaro che diverse imprese venete stanno impiegando nei loro affari» ha ammonito il colonnello Carlo Pieroni della Direzione investigativa antimafia di Padova, facendo presente che il problema mafie fatica a trovare attenzione sui nostri territori. «I mafiosi sono anche qui non altrove» gli ha fatto eco il professor Antonio Parbonetti dell’Università di Padova. Quest’ultimo, con la sua équipe, ha svolto uno studio che è partito dall’esame di tutte le sentenze emesse nel centro-nord Italia dal 2005 al 2014 – ben 120, una al mese – per il reato associativo di mafia. Dati alla mano, ha dimostrato come le imprese mafiose scaccino dal mercato quelle sane, impediscano un sano sviluppo dei mercati e della libera concorrenza. Quando un’azienda viene sottratta alle grinfie del crimine organizzato, le imprese sane aumentano i loro profitti del 20%, assumono personale, pagano le tasse. Un dato quest’ultimo estremamente importante perché «l’evasione fiscale è il paradiso delle mafie» come ha sottolineato il giudice Gianfranco Donadio, esperto a livello internazionale di antiriciclaggio. Quest’ultimo ha invitato i presenti a prendere in seria considerazione non solo il tema delle garanzie che certi imprenditori presentano alle banche per ottenere dei prestiti, ma anche a monitorare i settori della logistica e del ciclo dei materiali inerti. Il giudice si è soffermato sul dato delle 16 mila operazioni finanziarie sospette segnalate dalla Banca d’Italia per il Veneto, un alert particolarmente preoccupante perché attesta la presenza non solo di evasori fiscali ma altresì di mafiosiimprenditori. «Le mafie imprenditrici – ha ammonito Donadio – sono attraenti e vi è chi le cerca anche in questi territori». Lucio Guarino, segretario generale a Corleone, ha ribadito l’importanza della trasparenza delle procedure e l’attivazione di un sistema efficiente di controlli. «I mafiosi non sono samurai invincibili» disse una volta Enzo Biagi. Possiamo batterli, a patto che questa battaglia non sia delegata esclusivamente a magistrati e forze di polizia.