Asco Holding, scontro totale alla vigilia dei venti giorni decisivi
Della Giustina Presto il piano Finint. La politica si muova Feltrin Siamo stati pazienti ora l’assemblea deve decidere
Asco, braccio di ferro continuo alla vigilia dei venti giorni decisivi. Affronta le due prove del nove fondamentali lo scontro in Asco Holding, la «cassaforte» in cui 90 Comuni trevigiani custodiscono il 61% di controllo della utility quotata del gas Ascopiave (500 milioni di ricavi e 53 di utile nel 2016), tra i municipi leghisti favorevoli, per far fronte agli obblighi della legge Madia, alla linea di una fusione con la piccola controllata operativa Asco Tlc, che manterrebbe il controllo indiscusso della società nelle loro mani, a differenza della soluzione voluta dai soci privati di Plavisgas (8%) e da un ulteriore lotto di Comuni, schierati per fondere la Holding nella quotata Ascopiave costituendo poi un patto di sindacato, come avvenuto altrove, a partire da Hera. Comuni che, in dieci, sono tornati nei giorni scorsi a chiedere per la terza volta, un’assemblea dei soci, che, dopo due rinvii, deliberi l’incarico al cda della Holding di preparare il piano di fusione della Holding nella Piave.
Sono gli stessi sindaci a far riferimento ai due passaggi decisivi di marzo: l’udienza al Tar che mercoledì inizierà a discutere i ricorsi di Plavis per annullare le delibere dei Comuni che in autunno avevano votato per la soluzione Holding in Tlc. L’obiettivo di Plavis è far decadere le delibere, determinando l’obbligo di vendere le azioni, sui cui Plavis ha la prelazione. Certo, si può immaginare che la soluzione tra Tar, e Consiglio di Stato, non sia breve. Ma a quel punto, se Plavis ha ragione, rischia di essere comunque decisiva l’altra scadenza, il 23 marzo, quando scadono i sei mesi previsti dalla Madia per approvare il piano di fusione con la società quotata. Pena anche qui la messa in vendita delle quote di tutti i Comuni, con i privati sempre in attesa, e lo scenario dei municipi favorevoli alla fusione Holding-Piave a far causa agli altri. Scadenza che i Comuni favorevoli ad una nuova assemblea citano, prendendo sul serio il rischio posto dai privati e chiedendo una decisione in assemblea prima di allora.
«Il 23 marzo è una data ininfluente», replica per parte sua il presidente della Holding, Giorgio Della Giustina, che rimanda al cda della prossima settimana per capire i tempi della convocazione dell’assemblea in cui portare invece il piano strategico il cui studio è stato affidato all’advisor Finint: «Spero in 10-15 giorni dice poi il presidente, riferendosi ai tempi per convocare l’assemblea -. E spero che la politica faccia la sua parte». Un invito che pare indirizzato ai partiti per trovare, dopo le elezioni, una soluzione che levi le castagne dal fuoco.
Il punto è che già messa giù così difficilmente si vedrà una convocazione entro il 23. E che l’idea di una soluzione «politica» che vada bene a prescindere difficilmente risolverà i problemi. Anche perché lo scontro con i privati è frontale. Mercoledì il cda di Asco Holding ha attaccato duro Plavis, sostenendo che i privati «con dichiarazioni plateali e il più delle volte infondate» puntano a «destabilizzare» la società, «con finalità ultime ancora non del tutto chiare». Facendo balenare quindi che il vero obiettivo dei privati sia di prendersi Asco. Il cda poi conferma la linea della Holding come società a partecipazione pubblica e non a controllo pubblico, dicendo che il tema è irrilevante sul nodo Madia.
Il tutto per replicare a Plavis, che facendosi forza dell’orientamento di metà febbraio del ministero dell’Economia sul controllo pubblico, contestava al cda della Holding di aver nel tempo dichiarato, a seconda delle esigenze, la Holding società a controllo o a partecipazione pubblica. In più, fa capire Plavis, se la vicenda è ininfluente sul futuro della galassia Asco, altrettanto non lo è per i diritti delle minoranze, sugli obblighi di trasparenza e il taglio dei posti in cda e l’applicazione delle quote rosa. In più sarebbe proprio la dichiarazione di società a partecipazione pubblica la vera tagliola a far scattare lo spettro di dover lanciare un’Opa per cambio di controllo, nel caso di una fusione della Holding nella Piave e nella costruzione di un patto di sindacato. Che determinerebbe un cambio di controllo, prima dichiarato inesistente.
«Ma oltretutto qualcuno si è rivolto alla Consob per chiedere lumi? -replica il sindaco di Trevignano, Ruggero Feltrin, che ha chiesto la terza convocazione dell’assemblea -.In Hera e A2a Opa non ce ne sono state e per altro c’era tutto il tempo per costruire i patti di sindacato. E poi adesso basta: abbiamo portato pazienza, ma il codice civile obbliga a discutere il punto all’ordine del giorno e non permette rinvii sine die. Abbiamo chiesto per tre anni un confronto serio sulle strategie. Ora chiediamo una decisione entro il 23. Chi non lo vorrà si assumerà la responsabilità di eventuali danni». «Sono molto preoccupato: se fossero intelligenti convocherebbero subito l’assemblea», conclude il sindaco di Spresiano, Marco Della Pietra.