Ora il mondo dell’impresa ha paura «Calma, non affossate la ripresa»
A ripensarci, le assise generali di Confindustria di Verona, due settimane fa, sembrano una foto sbiadita, che vira sul seppia. Un passato remoto che la valanga leghista e pentastellata del 4 marzo ha travolto. Proiettando le categorie economiche in un futuro distopico che fa paura. Di fatto, quanto è stato richiesto a gran voce dagli industriali riuniti a Verona, rischia non solo di non trovare sponda col nuovo parlamento ma, al contrario, di venire rovesciato.
Nel flusso ininterrotto di reazioni le parole chiave usate dal mondo dell’impresa sono state ingovernabilità ed anti europeismo. Un mix micidiale per una ripresa ai primi vagiti, un mix che potrebbe diventare addirittura letale, teme ad esempio Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato, per chi di export vive. E anche per Alessandro Conte, di Cna Veneto «Serve stabilità». A dettare la linea è il presidente di Confindustria Veneto Matteo Zoppas: «La priorità delle priorità è mettere fine alle conflittualità strumentali. Gli imprenditori e gli investitori vogliono prima di tutto stabilità e certezze per non deprimere quei segnali di ripresa, derivanti anche da iniziative intraprese come Industria 4.0 che dovranno essere mantenute in modo strutturale». Marco Michielli, presidente di Confturismo in Veneto, leader della prima regione turistica d’Italia, taglia con l’accetta: «Il massimo dell’ingovernabilità causato dal combinato disposto tra una legge elettorale, ineguagliabile rappresentazione del sonno della ragione che crea mostri, e da un voto di pancia. Non ci resta che confidare nella ferma guida del Capo dello Stato e in nervi saldi e senso di responsabilità degli eletti perché la ripresina economica timidamente come è giunta può allontanarsi». Parole come macigni.
Più pragmatico Massimo Zanon, Confcommercio, che ribadisce la lista dei desiderata: «Ora via gli aumenti Iva 2019, semplificazione della tassazione locale e web tax».
Ponderate e gravi le parole di Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso: «L’esito delle elezioni concretizza quel rischio di ingovernabilità del Paese che molti temevano. Preoccupa anche la divaricazione territoriale. Il Presidente Mattarella saprà tracciare un percorso per dare un governo all’Italia. E’ peraltro necessario che le forze politiche dimostrino senso di responsabilità per far fronte alle molte scadenze, interne ed europee, che ci attendono». E, ancora: «Auspichiamo che non vengano smontate, o, peggio, azzerate, quelle riforme che stanno producendo effetti positivi, per il lavoro e le imprese». Tradotto, non si cancellino Job’s Act e super ammortamenti del parco macchine delle aziende, per fare due esempi. Luciano Vescovi di Confindustria Vicenza chiede fin da subito un confronto con i neo eletti e cita, forse incidentalmente, Luigi Di Maio: «Gli italiani hanno deciso di dare avvio alla Terza Repubblica, un cambiamento epocale che rivoluziona gli assetti precedenti. Per colpa di una legge elettorale fatta male, non si ha la più pallida idea di chi, come e con quale maggioranza possa governare. E questo rende più complicato fare il nostro lavoro. Le aziende stanno correndo, i nostri numeri sono per certi versi incredibili: la produzione negli ultimi due trimestri del 2017 è cresciuta di un +3,91% e un +4.69%, forse batteremo il record assoluto di export del 2015. Insomma, serve un Sistema Paese in cui le regole del gioco siano chiare e stabili. Solo così si può pensare di investire e di assumere».
Più che un commento, un pelo e contropelo, per così dire. «Il rischio di ingovernabilità - chiosa Massimo Finco a capo di Confindustria Padova - preoccupa molto il mondo delle piccole imprese, che in questo scenario economico hanno, invece, bisogno di un contesto stabile e di certezze». L’omologo bellunese, Luca Barbini auspica «un comportamento responsabile delle forze politiche non solo nel rivendicare un risultato, ma nel tradurlo in scelte di stabilità e governabilità». Torna il tema della governabilità che è la bestia nera di chi fa impresa, tornano le paure. Le rimarca Bonomo: «Vogliamo l’Europa e l’euro, se uscissimo oggi dalla Comunità Europea entreremmo nel Terzo Mondo. Che Dio ce la mandi buona».