Corriere di Verona

IL DOTTORE D’ORO DEGLI OLIMPIONIC­I

Balestreri, il medico che segue i grandi campioni degli sporti invernali. Dai trionfi inaspettat­i di Enrico Fabris a Torino ai recentissi­mi successi della Fontana in Corea del Sud: una vita a cinque cerchi

- di Lorenzo Fabiano

Una vita a cinque cerchi sui monti di Olimpia. È la storia di Filippo Balestreri, medico sportivo che segue le nazionali italiane degli sport su ghiaccio e neve. Ha vinto ori a Torino 2006 con Enrico Fabris e con Arianna Fontana nel 2018 in Corea. «Arianna è una macchina da guerra», racconta Filippo. «La mia? Una vita da giramondo al seguito degli atleti».

Una vita a cinque cerchi sui monti di Olimpia, quella di Filippo Balestreri, il medico dei campioni della neve. Quattro olimpiadi: Torino 2006, Vancouver 2010, Pyeongchan­g quest’anno. Nel 2014 fu il mal di schiena a tenerlo a casa a poche ore dalla partenza per Sochi. La sua storia parte da lontano, dall’altra parte del mondo. Il papà originario di Erbè, la mamma di Verona; lui nasce a Santiago del Cile il 13 giugno del 1964: «Il nonno aveva acquistato dei terreni in Cile. I miei genitori ci andavano spesso. Fu così che nacqui lì».

Dalle Ande agli Appennini, per dirla a rovescio col De Amicis. A Verona arriva a 12 anni: il Liceo Scientific­o, il diploma all’Istituto Superiore di Educazione Fisica, la laurea in Medicina col massimo dei voti e la specializz­azione in Medicina dello Sport. Il primo incarico lo assume nel 1999 da medico sociale della Scaligera Basket. Un paio di anni dopo è a Predazzo a seguire gli atleti di sci alpino e nordico appartenen­ti alle Fiamme Gialle. Poi il grande salto: «Nel 2003 lavoravo al Centro Interunive­rsitario di ricerca in Bioingegne­ria e Scienze Motorie di Rovereto. Il professor Federico Schena mi chiese di seguirlo in Fisi alla squadra nazionale di sci da fondo. Subito dopo, il compianto Marcello Faina (al vertice del Dipartimen­to di Fisiologia e Biomeccani­ca dell’Istituto di Scienza dello Sport del Coni, ndr) mi propose di occuparmi della nazionale di pattinaggi­o velocità su ghiaccio. Io che da ragazzo lo praticavo ad Asiago, accettai di buon grado. Così nel giro di pochi giorni mi trovai in Fisi sugli anelli del nordico e in Fisg sugli ovali di ghiaccio».

Il programma in vista delle Olimpiadi di Torino è ambizioso. Ai giochi di casa l’Italia scopre il pattinaggi­o di velocità e s’infiamma dinanzi alle imprese di Enrico Fabris: «Il grande pubblico non ci conosceva, ma noi sapevamo di avere una squadra competitiv­a attorno a un asso come Enrico. Mettemmo a segno un colpaccio. Schena seguiva i fondisti, io i pattinator­i. Fu un derby tra di noi, che si concluse 4-3 per lui, con grande gioia per l’Italia». Dopo le olimpiadi Schena lascia l’incarico, Filippo oltre al ghiaccio in Fisg è nominato in Fisi medico responsabi­le della nazionale maschile e femminile di sci da fondo, di combinata nordica e salto. Il lavoro si fa tuttavia sempre più complicato e pesante: «Nel 2007 feci i mondiali di fondo in Giappone a Sapporo. Da Tokyo volai a Calgary in Canada per il mondiale di pattinaggi­o. In 25 giorni mi sobbarcai il giro del mondo (meglio di Mr Fogg, ndr). Non potevo seguire tutto. Impossibil­e. Nel 2010 maturai allora l’idea di creare un gruppo di lavoro composto da persone di fiducia». Prima però ci sono le olimpiadi di Vancouver: «Nel nordico avevamo una squadra fortissima. A seguirla eravamo due veronesi, io e Carlo Segattini. Purtroppo le cose non andarono come ci si aspettava. A parte l’argento di Pietro Piller Cottrer, potevamo fare di più». Al ritorno Balestreri si mette al lavoro e chiama a raccolta la sua squadra, tutta di Verona: Carlo Segattini e Paolo Cannas al biathlon, Eugenio Vecchini, Francesco Perusi, Francesco Alberton (per i primi tre anni), e Francesco Zamboni (da due anni) al nordico. L’obiettivo è Sochi 2014: «Purtroppo il mal di schiena mi stese quando avevo già la valigia pronta. Se per lo sci di fondo azzurro Torino fu lo zenit, Sochi fu il nadìr. Idem per il pattinaggi­o in pista lunga, dove i fasti di Torino erano un lontano ricordo».

Balestreri si dedica quindi pure allo shorttrack e segue una ragazza di Sondrio che miete successi: «Sono con Arianna Fontana da tre anni. Una campioness­a nell’accezione più pura del termine, una macchina da guerra. Sa sempre interpreta­re le gare alla perfezione». Anche lo sci di fondo trova il suo campione: «Per Federico Pellegrino vale lo stesso discorso di Arianna. Un fuoriclass­e vero con gli occhi della tigre». Pyeongchan­g è storia recente: «In Corea eravamo io, Gianmario Micheloni, altro veronese con me al ghiaccio da quattro anni, Carlo Segattini e Paolo Cannas al biathlon. Abbiamo trovato impianti bellissimi e gremiti di gente; pochi invece gli spettatori alle gare sulla neve, sport poco popolari da quelle parti. Per noi è stata un’Olimpiade ricca di soddisfazi­oni». Appena rientrato è già tempo di ripartire: «Ci attendono i mondiali sulla pista lunga di Amsterdam, in uno stadio da 45.000 persone». Sempre avanti, sempre con nuovi obiettivi. Arrivederc­i a Pechino 2022.

La mia vita da giramondo: sono nato in Cile, ho seguito gli atleti dal Canada al Giappone. Arianna? Una macchina da guerra

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 ??  ?? Specializz­ato nello sport Filippo Balestreri, classe ‘64, figlio di due veronesi, è nato in Cile ma è cresciuto in città, dove si è laureato
Specializz­ato nello sport Filippo Balestreri, classe ‘64, figlio di due veronesi, è nato in Cile ma è cresciuto in città, dove si è laureato

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