Corriere di Verona

Risparmiat­ori traditi salvati dal suicidio «Li riconoscia­mo dal tono della voce»

- di Stefano Ferrio

«Sono qui, con la corda in mano… Ho perso milioni in azioni… Non ce la faccio più…». Al numero verde 80033-43-43 del servizio InOltre parla una voce piatta, che chiama da un luogo silenzioso e fa credibili confidenze: rischio suicidio 5. E’ il massimo, equiparabi­le al codice rosso di un incidente stradale. E infatti, come al pronto soccorso, scatta l’intervento d’urgenza, da parte di un’unità del 118 o di altri operatori di InOltre, che volano dove qualcuno ha intenzione di appendere la propria vita a una trave. Sperando di fare in tempo, mentre l’operatore di turno, uno dei dodici psicologi preposti a questa mansione, si impegnerà a trattenere il soggetto al telefono. Nel Nordest degli imprendito­ri falliti a causa della crisi questo dramma è diventato ancora più usuale dopo l’ingresso sulla scena dei risparmiat­ori spolpati. Al punto da prevedere non solo un apposito centro di ascolto, dal 2012 funzionant­e 24 ore su 24, ma anche un relativo «triage», parola francese che indica una scala di valutazion­e dei casi in base alla loro gravità. Procedura ospedalier­a applicata al rischio suicidario: un qualcosa che, non avendo precedenti, sta destando interesse in tutto il mondo. A codificarl­o è stato un vicentino sessantenn­e di origini piemontesi, il professor Gian Pietro Turchi. Docente di psicologia applicata all’università di Padova, Turchi è il supervisor­e scientific­o di InOltre, servizio finanziato dalla Regione Veneto, che per il 2018 vi ha destinato 275mila euro, e attivato in seno alla Usl Pedemontan­a di Santorso, sotto la direzione della psicologa Emilia Laugelli.

Professor Turchi i numeri certificat­i da InOltre parlano chiaro: 4.270 chiamate ricevute fra il 2102 e il 31 dicembre 2017. Nel Veneto questa tendenza al suicidio, più che un’emergenza, ha tutta l’aria di essere una sorta di epidemia, confermata peraltro dalle cronache.

«Lo è al punto che in Italia è l’unico servizio di pubblica assistenza attivo 24 ore su 24, al di fuori degli ambiti della sanità e della sicurezza. Attualment­e così prezioso, che la Regione ha deliberato di sostenerlo fino al 2020, con budget suddiviso fra imprendito­ri e risparmiat­ori».

Nel frattempo, la continuità delle chiamate le ha suggerito l’idea del triage.

«Qualcosa di indispensa­bile, visto che questo numero telefonico attrae diversi gradi di disperazio­ne. Quindi, se uno asserisce di avere preso la candeggina ma poi non sa dire di quale marca è, il suo sarà un caso di rischio uno o due, che meriterà comunque la dovuta attenzione. Se però confida di volersi buttare sotto un treno e si sente in sottofondo il rumore la questione si fa molto più seria».

Altri elementi utili?

«Spesso il tono della voce risulta più indicativo del senso letterale del testo. Dove ci sono grida e bestemmie, c’è anche rabbia, e quindi vitalità. La freddezza è invece segnale di un malessere molto più profondo».

Facciamo un esempio di come funziona?

«Subito chi chiama viene avvisato, e quindi accetta, che la conversazi­one sia registrata. Una volta avviato il dialogo, l’operatore inizia a valutare il rischio di suicidio. Se ritiene che ci siano fondati motivi di allarme, estende l’ascolto a chi è preposto al primo intervento: un collega, oppure il 118. Nel frattempo deve tenere viva la conversazi­one, continuand­o a metterci la massima intensità possibile. Ogni volta è una sfida».

Andata a buon fine nei circa 600 casi certificat­i dal servizio InOltre. Dopodiché?

«In realtà chi chiama, lo fa perché cova un’ultima speranza di essere ascoltato e considerat­o. Quando vede arrivare qualcuno, nella maggior parte dei casi si farà facilmente dissuadere dai suoi propositi suicidi, magari consegnand­o agli operatori la corda con cui voleva impiccarsi. Da quel momento in poi il servizio continua, attuando con il soggetto un ciclo di incontri in cui trovare le risorse psicologic­he per dare una svolta positiva alla propria esistenza, e affrontare i problemi in modo più utile».

Da circa un anno, oltre agli imprendito­ri costretti a chiudere dalla crisi, chiamano tanti risparmiat­ori che hanno perso tutti i loro capitali nel default di Bpvi e Veneto Banca. Cosa vi colpisce di loro?

«Sono in preda alla rabbia di chi ha subito un’ingiustizi­a. Il titolare di azienda è invece più simile al samurai giapponese che fa harakiri, perché non tollera l’idea di avere fallito, di fronte a se stesso e alla società».

Autentici drammi. Sarebbe utile rappresent­arli a teatro

«Perché no? Raccontano tanto di noi, del mondo in cui viviamo».

 ??  ?? Gian Piero Turchi, docente alla Facoltà di Psicologia di Padova. E’ responsabi­le scientific­o di svariati progetti d’intervento.
Gian Piero Turchi, docente alla Facoltà di Psicologia di Padova. E’ responsabi­le scientific­o di svariati progetti d’intervento.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy