Silurato De Carlo campione di Meloni A Roma ci va Paolin «deputato per caso»
La politica, alle volte, può essere atroce. Lo sa bene il sindaco di Calalzo Luca De Carlo, «onorevole» per 12 giorni costretto a cedere il passo, proprio sull’uscio di Montecitorio, al trevigiano Giuseppe Paolin, «deputato per caso». L’avvicendamento è stato messo a verbale ieri dalla Corte d’Appello di Venezia, chiamata a riconteggiare le schede alla luce dei «resti» prodotti dal
Rosatellum in giro per l’Italia, con conseguente riassegnazione dei seggi. È il «flipper» su cui già a poche ore dalla chiusura delle urne aveva messo in guardia il politologo Paolo Feltrin: «Potrebbero esserci sorprese». Ci sono state.
A farne le spese è stato Luca De Carlo, a cui il destino - e una legge elettorale allucinante - ha riservato un’autentica beffa: nel verde leghista che domina la mappa elettorale del Veneto, infatti, c’è un solo puntino blu scuro ed è la sua Calalzo, l’unico Comune dalle Dolomiti al Delta conquistato dai Fratelli d’Italia con un roboante 35%. Non solo. Il partito di Giorgia Meloni, grazie a De Carlo, è andato benissimo in tutto l’alto Bellunese, dal Cadore al confine con l’Austria. Per il gioco dei resti la relativa casella appannaggio di Fratelli d’Italia scatterebbe in Calabria.
Non è la prima volta che De Carlo, sindaco al secondo mandato, ha di che recriminare con la sorte: anche alle Regionali del 2015 rimase fuori nonostante un pieno di preferenze. E certo ora fanno malinconia le foto postate sul suo profilo Facebook: lui che festeggia dal balcone del municipio, lui avvolto nello striscione «Calalzo c’è», lui che taglia una torta di nero cioccolato col tricolore, lui che ironizza: «Ma se adesso mi scrivono ON, quando finisco sarà OFF?» prima di farsi fotografare sotto il cielo di Roma con Meloni e gli altri parlamentari FdI. Irraggiungibile per tutto il pomeriggio, ieri sera si è sfogato sempre su Facebook: «Politicamente non cambia nulla, Fratelli d’Italia avrà lo stesso numero di deputati e la nostra prestazione non viene certo sminuita. Come non si cancella l’immensa gratitudine che avrò sempre per gli amici e le persone che mi hanno sostenuto. Sul piano umano è una batosta incredibile. Sono conscio che nella vita i drammi sono ben altri ma ciò che provo ora faccio fatica veramente ad esprimerlo».
Al suo posto, per la Lega «pigliatutto», entra il trevigiano Giuseppe «Bepi» Paolin, 51 anni, consulente informatico sconosciuto al grande pubblico ma notissimo nel partito, visto che da trent’anni si occupa proprio degli aspetti burocratici connessi al deposito delle liste. Originario di Possagno, dove si è anche candidato a sindaco, assistente di Gianpaolo Dozzo quando questi era sottosegretario all’Agricoltura, membro del consiglio nazionale, ha scoperto proprio lui, ieri in Corte d’appello, il ribaltone: «Un’altalena di emozioni - racconta -. All’inizio ero sconsolato perché piazzato al quarto posto del listino proporzionale per me era davvero dura. La sera del 4 marzo, vedendo i risultati pazzeschi della Lega, un po’ ci avevo sperato ed ero andato a letto fiducioso ma il lunedì, letti i giornali, ho capito che non ce l’avrei fatta e sono tornato al mio lavoro di sempre. Amen, mi sono detto». Fino a ieri, quando da via Bellerio lo hanno chiamato: «Vai un po’ a vedere in Corte a Venezia, ci sono novità». Lui è andato, accompagnato dall’avvocato Alessandro Trubian, ed ecco la sorpresa: «Sono felice, ci mancherebbe. Festeggiare? Stasera con la mia compagna, certo. Ma prima c’è il consiglio nazionale della Lega».