L’impressionista ai tempi del socialismo
Vedute autunnali ma anche innevate, marine, scorci di borghi antichi, dove la luce contrasta le ombre degli oggetti, i colori reiterati sono l’ocra e l’azzurro. Noto come il «poeta dei paesaggi», Vangjush Mio (1891-1957) è il primo e unico impressionista albanese, considerato l’artista che nel suo paese ha fatto fare il primo salto della pittura verso la modernità. Fino al 22 aprile, il Centro Culturale Don Orione Artigianelli di Venezia ospita «Omaggio a Vangjush Mio», prima retrospettiva italiana, organizzata da BluArt Gallery & Events. «È stato laborioso - spiega Migena Hajdari, curatrice della mostra con Vladimir Myrtezai (Grosha) preparare la rassegna. Per portare fuori dai confini le opere, si è dovuto riunire il Consiglio dei Ministri. Mio è patrimonio dell’arte dell’Albania, insignito del titolo di “Pittore del Popolo”». L’esposizione, composta da 74 lavori, vuole non solo far conoscere le vicende biografiche e artistiche di Vangjush Mio - nato e vissuto gran parte della sua vita a Coriza, «la piccola Parigi d’Albania» - ma inserirle storicamente dando nota delle trasformazioni della società in cui Mio ha vissuto: «Solo - marca la figlia Rozeta, che tra l’altro vediamo ritratta da bimbetta in un paio di deliziosi dipinti - tenendo conto che l’Albania è stata sotto l’Impero ottomano, poi le due guerre e infine un lungo periodo di dittatura, si comprende lo stile di mio padre, uomo semplice e dignitoso». L’impressionismo di Mio è sinonimo di libertà, la libertà di rimanere lontano dalle cornici imposte dal realismo socialista cercando il proprio paradiso-difesa nella natura. Quei tocchi giustapposti di colore nei suoi paesaggi hanno qualcosa dei Ciardi. Vangjush amava l’arte del Belpaese, nel 1920 partì per Roma per iscriversi alla Reale Accademia di San Luca, fu allievo di Umberto Coromaldi ed Ettore Ferrari, artisti delle vedute della campagna romana. Il pittore soggiornò anche a Bologna e Venezia, che ritroviamo in alcune opere esposte. In mostra pure una galleria di sorprendenti ritratti, come l’intenso «Portrait of an elderly man», dalla forte introspezione psicologica.