Corriere di Verona

Catullo, Save, gli avvocati Perché non si fece quella gara pubblica

All’origine dell’operazione che portò l’ingresso dei veneziani, oggi minata dall’Authority di Cantone

- Alessio Corazza © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Perché l’aeroporto Catullo non fece una gara pubblica per trovare un partner privato che lo salvasse dal dissesto e lo affiancass­e nel rilancio? Dopo che, proprio per la mancata gara, l’Authority anticorruz­ione di Raffaele Cantone ha minato alle fondamenta la procedura che portò all’ingresso nella compagine societaria dei veneziani di Save, rispondere a questa domanda diventa qualcosa di più di un esercizio di memoria. Anche perché ci sono indagini in corso.

Perché l’aeroporto Catullo non fece una gara pubblica per trovare un partner privato che lo salvasse dal dissesto e lo affiancass­e nel rilancio? Dopo che, proprio per la mancata gara, l’Authority anticorruz­ione di Raffaele Cantone ha minato alle fondamenta la procedura che portò all’ingresso nella compagine societaria dei veneziani di Save, rispondere a questa domanda diventa qualcosa di più di un esercizio di memoria. Sia la Procura che la Corte dei Conti infatti, chiamati dall’Anac ad interessar­si alla vicenda, dovranno capire esattament­e le ragioni di una (non) scelta fatta ormai cinque anni fa, e valutare se ci si siano profili penali o possibili danni erariali.

Il Catullo che, nella primavera del 2014, si fidanza con Save, ha ballato sull’orlo del baratro. La nuova gestione avviata dal presidente Paolo Arena ha tamponato le falle, ma in cinque anni, dal 2008 al 2012, lo scalo ha perso oltre 50 milioni di euro, di cui 26 nel solo bilancio 2011. Solo un anno, nel 2010, ha chiuso in utile ma grazie a una posta straordina­ria. Questo ha almeno evitato tre esercizi in rosso consecutiv­i, cosa che avrebbe impedito ai soci pubblici di ricapitali­zzare, come fanno nel 2012, per ulteriori 15 milioni di euro, dopo che nel 2009 era stata lanciata una ricapitali­zzazione da 40 milioni di euro complessiv­i. Soldi necessari per garantire «la continuità aziendale».

Sembra un pozzo di San Patrizio, l’aeroporto, e Arena presenta nel 2013 un piano industrial­e ai soci dove promette tutta una serie di misure (tagli, razionaliz­zazioni, investimen­ti) ma, allo stesso tempo, mette in chiaro che nel successivo triennio serviranno almeno altri 50 milioni di euro. Come trovarli? Chiedere ancora agli esangui soci pubblici di mettere mano al portafogli ancora una volta appare impensabil­e e irrealisti­co. E allora o si vende l’intera baracca attraverso una gara europea, oppure si trova un partner «industrial­e» o «finanziari­o».

In quel contesto, l’interesse di Save, che già gestisce gli scali di Venezia e Treviso e promette, con quelli di Verona e di Brescia (controllat­o dal Catullo), di realizzare un sistema aeroportua­le del Nordest, sembra provvidenz­iale. Le due società firmano un «term-sheet», in cui Save si impegna a investire una quarantina di milioni, ma alle sue condizioni. Il Catullo mobilita i suoi consulenti legali per vagliare la legittimit­à dell’operazione. Save rileverà da uno o più soci del Catullo una partecipaz­ione non superiore al 2%. Poi l’assemblea dei soci varerà un aumento di capitale, che solo il neo-socio Save andrà a sottoscriv­ere, passando così dal 2% a una partecipaz­ione compresa tra il 35 e il 45%. Il principale scoglio a questo disegno è che l’ingresso dei veneziani in società avverrà senza una gara pubblica. Ma la gara, spiega l’avvocato Andrea Di Porto, sarebbe necessaria se Save diventasse un socio privato di maggioranz­a. È per scongiurar­e questo scenario che nasce Aerogest, una società che raggruppa i principali soci pubblici (Comune, Provincia, Camera di Commercio di Verona, Provincia di Trento) e che, alla fine dei giochi, si attesterà su una partecipaz­ione compresa tra il 40 e il 49%. Allo stesso modo, sempre secondo l’avvocato, la gara si può evitare in virtù della «particolar­e natura infungibil­e dell’operazione», ovvero l’occasione unica di poter dar vita al polo aeroportua­le del Nordest. Tutto, in ogni caso, viene blindato da appositi patti parasocial­i, che garantiran­no la maggioranz­a pubblica.

Alla fine, le cose andranno proprio a finire così. Save rileverà il 2 per cento dal Comune di Villafranc­a (per circa un milone di euro) e, con un investimen­to di circa 35 milioni, otterà il 40 per cento, a fronte del 47 in mano ad Aerogest. Una partecipaz­ione di minoranza, che permette però ai veneziani di comandare, grazie al diritto di esprimere l’amministra­tore delegato.

In questi anni, tutta una serie di personalit­à del mondo politico (e non solo) hanno criticato la scelta di non procedere con la gara. Adesso è arrivato anche il timbro di Cantone: «La gara sul 2% andava fatta. Magari sarebbe pervenuta un’unica offerta, ma andava fatta». «L’operazione nasce proprio per non fare la gara pubblica, che avrebbe portato a svolgere tutta una serie di controlli approfondi­ti sulla gestione - rileva Michele Bertucco, consiglier­e di Sinistra in Comune Venne ritenuta la strada più veloce e indolore». Una scorciatoi­a che, adesso, rischia di portare in un vicolo cieco.

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Al centro, con la cravatta rossa, il presidente di Save Enrico Marchi. Alla sua destra, il presidente del Catullo Paolo Arena
L’intesa Al centro, con la cravatta rossa, il presidente di Save Enrico Marchi. Alla sua destra, il presidente del Catullo Paolo Arena

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