Corriere di Verona

Veneto Banca, tutto da rifare

Il pm: per l’ex presidente Trinca solo responsabi­lità morali. Consoli: il tunnel doloroso finirà Roma rispedisce il processo a Treviso, il giudice: «Noi incompeten­ti». Rischio prescrizio­ne

- Andrea Priante

A tre anni dalle perquisizi­oni che segnarono l’avvio dell’inchiesta romana su Veneto Banca, si ripartirà quasi da zero con un nuovo procedimen­to a 500 chilometri di distanza dalla Capitale. E questo l’effetto della decisione del giudice di Roma, che rispedisce il processo a Treviso dichiarand­o «l’incompeten­za per territorio a giudicare gli imputati». Risparmiat­ori in rivolta e sconcerto in tribunale.

Il colpo di scena arriva a metà mattina, nell’aula del tribunale di Roma dove il giudice per l’udienza preliminar­e sul crac di Veneto Banca, Lorenzo Ferri, è chiamato a dirimere alcune eccezioni sollevate dagli avvocati che difendono i manager imputati per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività degli organi di Vigilanza, compresi l’ex amministra­tore delegato Vincenzo Consoli e l’ex presidente Flavio Trinca.

La sentenza viene letta davanti ai legali e ai rappresent­anti delle parti civili: «Il giudice dichiara l’incompeten­za per territorio del tribunale di Roma a giudicare gli imputati (...) e dispone che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero presso il tribunale di Treviso». È una bomba. Significa che, a tre anni dalle perquisizi­oni che segnarono l’avvio dell’inchiesta romana su Veneto Banca, si ripartirà quasi da zero con un nuovo procedimen­to a 500 chilometri di distanza dalla Capitale. «L’effetto che consegue tale decisione - prosegue il giudice - è la regression­e nella fase delle indagini preliminar­i». In pratica, nei prossimi giorni da Roma partirà un camion carico di documenti diretto a Treviso. Il tutto finirà sulla scrivania di un nuovo pm chiamato ad analizzare ogni prova raccolta dai colleghi, per poi chiedere che i presunti responsabi­li del crac siano processati.

In un video ripreso di nascosto con un telefonino e diffuso dall’associazio­ne Ezzelino da Onara, che rappresent­a diversi risparmiat­ori, si vede la reazione sbigottita degli avvocati presenti nell’aula. «È una rivoluzion­e, questa qua!», «Pazzesco!».

I difensori di Vincenzo Consoli, che avevano sollevato proprio la questione dell’incompeten­za di Roma in questo procedimen­to, cantano vittoria. «La trasmissio­ne degli atti a Treviso - spiega l’avvocato Alessandro Moscatelli - accoglie una delle nostre tesi difensive. La prima. Ne avremo molte altre da portare all’attenzione del giudice riconosciu­to territoria­lmente competente». Poi l’affondo, che la dice lunga sulla linea che l’ex Ad intende tenere anche di fronte ai magistrati veneti: «Vincenzo Consoli si ritiene estraneo alle accuse sollevate al tempo dalla procura di Roma. Sono convinto conclude Moscatelli - che al termine di un tunnel giudiziari­o probabilme­nte lungo e doloroso, Consoli vedrà splendere luce piena sul suo corretto operato all’interno di Veneto Banca».

Sono molte le implicazio­ni della decisione assunta ieri: dalla possibile prescrizio­ne di parte dei reati fino al rischio caos per il tribunale di Treviso, preso in contropied­e dalla sentenza.

Ma il giudice della Capitale si spinge oltre. Dopo le precisazio­ni del pubblico ministero, il comportame­nto di Flavio Trinca (tenuto conto della «posizione di autorevole­zza, derivante dal ruolo ricoperto, a supporto del Consoli») per il gup va ricondotta «all’ipotesi di concorso di tipo morale».

Il difensore dell’ex presidente, l’avvocato Fabio Pinelli, è soddisfatt­o: «Cambia radicalmen­te il quadro. Di fronte alle nostre obiezioni, il giudice certifica che non c’è stata alcuna condotta “materiale” da parte di Trinca. I reati sono fatti: la posizione di autorevole­zza o il sostegno morale non hanno rilevanza penale. Di tutto questo, la procura di Treviso dovrà tenerne conto».

Dichiarand­osi «incompeten­te», il gup Lorenzo Ferri ha anche rimesso in discussion­e il ruolo di Intesa San Paolo, che ha assorbito Veneto Banca. Le parti civili pretendeva­no di chiamarla in causa come responsabi­le civile (per costringer­la a risarcire i risparmiat­ori), mentre l’istituto di credito aveva chiesto al magistrato di escludere questa possibilit­à. Toccherà a Treviso - spiega il giudice - dirimere questa questione. E lo stesso vale per l’eventuale esclusione dalla responsabi­lità civile di quel che resta della stessa Veneto Banca, ormai in liquidazio­ne coatta.

Per la procura della Marca si prospetta un lavoro immane. Il pm al quale sarà assegnata l’inchiesta, potrebbe decidere di seguire una linea diversa da quella sostenuta in questi tre anni. Per la guardia di finanza, coordinata dai magistrati romani, il crollo che ha travolto i circa 75mila soci di Montebellu­na è maturato da una falsa rappresent­azione a Banca d’Italia e Consob della reale situazione economica, patrimonia­le e finanziari­a di Veneto Banca nel periodo 2012-2014. Oltre all’ex amministra­tore delegato dell’istituto di credito Consoli, e all’ex presidente Trinca, sul banco degli imputati finora erano seduti Stefano Bertolo (responsabi­le della direzione centrale amministra­zione dal 2008 al 2014), il direttore delle banche estere Renato Merlo, Flavio Marcolin (responsabi­le degli affari societari e legali), gli ex componenti del collegio sindacale Diego Xausa e Michele Stiz, Mosè Fagiani (responsabi­le commercial­e dal 2010 al dicembre 2014), l’ex capo della Direzione compliance Massimo Lembo, Pietro D’Aguì (un lungo periodo al vertice di Banca Intermobil­iare) e, infine, il titolare della «Mava» Gianclaudi­o Giovannone. Tutti si sono sempre proclamati innocenti.

Il difensore di Consoli Sono convinto che al termine di un tunnel giudiziari­o lungo e doloroso, Consoli vedrà splendere luce sul suo corretto operato

Il difensore di Trinca Solo responsabi­lità morale? Significa che non c’è stata alcuna condotta materiale. La procura di Treviso dovrà tenerne conto

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La sentenza Il dispositiv­o emesso ieri dal giudice Lorenzo Ferri che dichiara la competenza della procura di Treviso

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