Veneto Banca, tutto da rifare
Il pm: per l’ex presidente Trinca solo responsabilità morali. Consoli: il tunnel doloroso finirà Roma rispedisce il processo a Treviso, il giudice: «Noi incompetenti». Rischio prescrizione
A tre anni dalle perquisizioni che segnarono l’avvio dell’inchiesta romana su Veneto Banca, si ripartirà quasi da zero con un nuovo procedimento a 500 chilometri di distanza dalla Capitale. E questo l’effetto della decisione del giudice di Roma, che rispedisce il processo a Treviso dichiarando «l’incompetenza per territorio a giudicare gli imputati». Risparmiatori in rivolta e sconcerto in tribunale.
Il colpo di scena arriva a metà mattina, nell’aula del tribunale di Roma dove il giudice per l’udienza preliminare sul crac di Veneto Banca, Lorenzo Ferri, è chiamato a dirimere alcune eccezioni sollevate dagli avvocati che difendono i manager imputati per aggiotaggio e ostacolo all’attività degli organi di Vigilanza, compresi l’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli e l’ex presidente Flavio Trinca.
La sentenza viene letta davanti ai legali e ai rappresentanti delle parti civili: «Il giudice dichiara l’incompetenza per territorio del tribunale di Roma a giudicare gli imputati (...) e dispone che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero presso il tribunale di Treviso». È una bomba. Significa che, a tre anni dalle perquisizioni che segnarono l’avvio dell’inchiesta romana su Veneto Banca, si ripartirà quasi da zero con un nuovo procedimento a 500 chilometri di distanza dalla Capitale. «L’effetto che consegue tale decisione - prosegue il giudice - è la regressione nella fase delle indagini preliminari». In pratica, nei prossimi giorni da Roma partirà un camion carico di documenti diretto a Treviso. Il tutto finirà sulla scrivania di un nuovo pm chiamato ad analizzare ogni prova raccolta dai colleghi, per poi chiedere che i presunti responsabili del crac siano processati.
In un video ripreso di nascosto con un telefonino e diffuso dall’associazione Ezzelino da Onara, che rappresenta diversi risparmiatori, si vede la reazione sbigottita degli avvocati presenti nell’aula. «È una rivoluzione, questa qua!», «Pazzesco!».
I difensori di Vincenzo Consoli, che avevano sollevato proprio la questione dell’incompetenza di Roma in questo procedimento, cantano vittoria. «La trasmissione degli atti a Treviso - spiega l’avvocato Alessandro Moscatelli - accoglie una delle nostre tesi difensive. La prima. Ne avremo molte altre da portare all’attenzione del giudice riconosciuto territorialmente competente». Poi l’affondo, che la dice lunga sulla linea che l’ex Ad intende tenere anche di fronte ai magistrati veneti: «Vincenzo Consoli si ritiene estraneo alle accuse sollevate al tempo dalla procura di Roma. Sono convinto conclude Moscatelli - che al termine di un tunnel giudiziario probabilmente lungo e doloroso, Consoli vedrà splendere luce piena sul suo corretto operato all’interno di Veneto Banca».
Sono molte le implicazioni della decisione assunta ieri: dalla possibile prescrizione di parte dei reati fino al rischio caos per il tribunale di Treviso, preso in contropiede dalla sentenza.
Ma il giudice della Capitale si spinge oltre. Dopo le precisazioni del pubblico ministero, il comportamento di Flavio Trinca (tenuto conto della «posizione di autorevolezza, derivante dal ruolo ricoperto, a supporto del Consoli») per il gup va ricondotta «all’ipotesi di concorso di tipo morale».
Il difensore dell’ex presidente, l’avvocato Fabio Pinelli, è soddisfatto: «Cambia radicalmente il quadro. Di fronte alle nostre obiezioni, il giudice certifica che non c’è stata alcuna condotta “materiale” da parte di Trinca. I reati sono fatti: la posizione di autorevolezza o il sostegno morale non hanno rilevanza penale. Di tutto questo, la procura di Treviso dovrà tenerne conto».
Dichiarandosi «incompetente», il gup Lorenzo Ferri ha anche rimesso in discussione il ruolo di Intesa San Paolo, che ha assorbito Veneto Banca. Le parti civili pretendevano di chiamarla in causa come responsabile civile (per costringerla a risarcire i risparmiatori), mentre l’istituto di credito aveva chiesto al magistrato di escludere questa possibilità. Toccherà a Treviso - spiega il giudice - dirimere questa questione. E lo stesso vale per l’eventuale esclusione dalla responsabilità civile di quel che resta della stessa Veneto Banca, ormai in liquidazione coatta.
Per la procura della Marca si prospetta un lavoro immane. Il pm al quale sarà assegnata l’inchiesta, potrebbe decidere di seguire una linea diversa da quella sostenuta in questi tre anni. Per la guardia di finanza, coordinata dai magistrati romani, il crollo che ha travolto i circa 75mila soci di Montebelluna è maturato da una falsa rappresentazione a Banca d’Italia e Consob della reale situazione economica, patrimoniale e finanziaria di Veneto Banca nel periodo 2012-2014. Oltre all’ex amministratore delegato dell’istituto di credito Consoli, e all’ex presidente Trinca, sul banco degli imputati finora erano seduti Stefano Bertolo (responsabile della direzione centrale amministrazione dal 2008 al 2014), il direttore delle banche estere Renato Merlo, Flavio Marcolin (responsabile degli affari societari e legali), gli ex componenti del collegio sindacale Diego Xausa e Michele Stiz, Mosè Fagiani (responsabile commerciale dal 2010 al dicembre 2014), l’ex capo della Direzione compliance Massimo Lembo, Pietro D’Aguì (un lungo periodo al vertice di Banca Intermobiliare) e, infine, il titolare della «Mava» Gianclaudio Giovannone. Tutti si sono sempre proclamati innocenti.
Il difensore di Consoli Sono convinto che al termine di un tunnel giudiziario lungo e doloroso, Consoli vedrà splendere luce sul suo corretto operato
Il difensore di Trinca Solo responsabilità morale? Significa che non c’è stata alcuna condotta materiale. La procura di Treviso dovrà tenerne conto