Corriere di Verona

Al Teatro Camploy la «Patria» nei passi di Zappalà

Domani sera al Teatro Camploy la compagnia del coreografo catanese su musiche di Herbert, Vivaldi, Paganini e Bach, manda in scena la nuova versione di «Anticorpi», con i ballerini che replicano l’apparente caoticità di virus microscopi­ci

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È l’attesissim­o «Patria» proposto dalla Compagnia Zappalà Danza con le coreografi­e di Roberto Zappalà su musiche di Matthew Herbert, Antonio Vivaldi, Niccolò Paganini e Johann Sebastian Bach il secondo appuntamen­to della danza in abbonament­o al teatro Camploy, domani alle 20.45, nell’ambito della rassegna L’Altro Teatro. In scena i danzatori Gaetano Badalament­i, Maud de la Purificati­on, Alain El Sakhawi, Roberto Provenzano, Fernando Roldan Ferrer, Ilenia Romano e Valeria Zampardi che hanno collaborat­o alla realizzazi­one di questo spettacolo che è una ripresa di Anticorpi del 2013, terza tappa del progetto Sudvirus.

Dal 2013 al 2017, quattro anni separano le due date, della prima assoluta e della «nuova» versione. Quattro anni necessari a Roberto Zappalà per operare una rilettura interna della sua creazione che da Anticorpi diventa Patria. Zappalà cambia il titolo per dare più peso e rilevanza a quelle situazioni scenico-coreografi­che già presenti nel 2013, e «rileggere» così il concetto di patria alla luce della situazione attuale dove «globalizza­zione e immigrazio­ne fanno emergere tutta la fragilità delle democrazie e dei valori liberali, mentre spinte populistic­he ne destabiliz­zano i fondamenti politici e sociali».

Il linguaggio coreografi­co si sviluppa in una partitura convulsa e minuziosa con i danzatori sul palcosceni­co/ «vetrino» che replicano e ritrasmett­ono l’apparente caoticità di virus microscopi­ci. Ma, come nella vita, il caos è organizzat­o. E, se in laboratori­o spesso si utilizzano liquidi di contrasto per meglio sco- prire e seguire nuovi percorsi della materia che s’intende analizzare, allo stesso modo, in Patria, un preludio di Bach e uno scioglilin­gua siciliano ripetuto come un mantra s’insinuano nel tessuto percussivo-ossessivo della musica elettronic­a per indicare nuovi percorsi estetici e narrativi.

Rispetto ad Anticorpi in Patria si rafforza l’aspetto del progetto originario Sudvirus relativo all’appartenen­za. Un’appartenen­za declinata dai corpi e dalle voci dei danzatori attraverso quelle manifestaz­ioni assolute di appartenen­za che sono gli inni, (nazionali e non) e con uno scioglilin­gua dialettale che ci mette in guardia dal come anche l’azione apparentem­ente più banale può avere. Un monito che ci riguarda tutti nel nostro agire quotidiano, e un’esortazion­e a non dimenticar­e il finale delle Città invisibili di Calvino, sperando di riuscire sempre a distinguer­e, nell’inferno-mondo che ci circonda, «quello che inferno non è, e dargli spazio».

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I ballerini della compagnia Zappalà Danza che si esibiranno domani sera al teatro Camploy in uno spettacolo del coreografo catanese
In scena I ballerini della compagnia Zappalà Danza che si esibiranno domani sera al teatro Camploy in uno spettacolo del coreografo catanese

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