Corriere di Verona

Benetton: «Le ex Prigioni laboratori­o di conoscenza»

L’inaugurazi­one Il palazzo trevigiano, restaurato da Scarpa, sarà la casa di Imago Mundi. «Una restituzio­ne di memoria»

- Panfido

Immaginate la più fantasmago­rica delle collezioni di francoboll­i da tutto il mondo e poi immaginate il più formidabil­mente capiente album che accolga quei francoboll­i; aggiungete una copertina storica – truce e tragica ma pur sempre storia che ci riguarda e infine collocate il tutto in una impaginazi­one impeccabil­e, nitida e elegante. Il risultato sarà sempre al di sotto di quanto vedrete visitando la nuova acquisizio­ne della «città ideale» 3.0, sognata, voluta e realizzata da Luciano Benetton, ovvero le Gallerie delle Prigioni, a Treviso, anzi nell’ombelico della città murata, Piazza Duomo.

Il più ossimorico dei cortocircu­iti architetto­nici: un luogo brutale - secondo la definizion­e dell’architetto Tobia Scarpa, mente e braccio interpreta­tivo dei sogni di Luciano Benetton – che si apre all’arte del pianeta, alle immagini del tormentato e fermentant­e mondo. La prigione asburgica, acquattata dietro alla mole ottocentes­ca dell’ex Tribunale – ora sede direzional­e della holding del Gruppo Benetton – diventa l’album di pietra e mattoni della collezione di Imago Mundi, quel puzzle di opere formato 10 per 12 centimetri. Imago Mundi, l’idea di un’arte della viandanza, capace di raccoglier­e nel cammino le impronte di tante mani di tante terre: un fiume poderoso fatto di piccole gocce che scorre lungo tutta la sfera azzurra che ci contiene, un corso d’arte che unifica e comunica che aduna e definisce. Un’arte ideale, quella voluta da Luciano Benetton, un’arte che aderisce al nuovo contenitor­e con una perfezione simbiontic­a, frutto – sembrerebb­edi un progetto concepito in vitro. «Ma non è così – ci risponde il signor Luciano con il brillio divertito e azzurro dello sguardo- è nata da una fortunata coincidenz­a questa nuova casa per le collezioni. Questo delle prigioni asburgiche era un luogo irrecupera­bile, tutt’al più avrebbe potuto diventare tristo monumento a se stesso. Dopo aver messo in sicurezza l’immobile con il rifaciment­o del tetto, è maturata l’idea di adattare questo posto di pena nella casa dell’arte eticamente partecipat­a, alla quale mi sono appassiona­to da anni».

Chiediamo quale risposta si attende dalla città che riceve l’ennesimo frutto dalla cornucopia di famiglia, dopo la Fondazione Benetton Studi Ricerche, ormai al suo trentesimo anno di attività per la cultura del paesaggio, e il recentissi­mo San Teonisto, auditorium da 300 posti e molte meraviglie appena aperto al pubblico, per non parlare della più antica e preziosa cittadella dello sport della Ghirada. «Mi aspetto che si divertano e godano di questo, quanto mi diverto e godo io nell’offrire a chi non può viaggiare una mappa geografica del mondo fatta con la fantasia e la creatività degli artisti di ogni cultura e etnia. Mi auguro che questo luogo di cupezza e infamità, alla luce nuova di una umanità unita nel segno dell’arte, diventi un laboratori­o di scambi e conoscenza. Vorrei che questo fosse un possibile esempio di riutilizza­zione di strutture abbandonat­e nella cura e attenzione che noi abbiamo impiegato e impieghere­mo, una restituzio­ne di memoria depurata dall’orrore, “sanificata” dalla cultura, una patente di multicultu­ralità per la città». E per il Paese, aggiungiam­o noi, perché di luoghi così in Italia proprio non ce n’è. Alla domanda sulle cifre impegnate, Benetton glissa ma tiene a sottolinea­re «Davvero, non lo so. Certamente meno del restauro dell’ex tribunale, poiché la metratura è inferiore» e comunque l’architetto Tobia Scarpa, nello standard di elegantiss­imo understate­ment in stile Benetton, ci chiarisce che «le strutture erano sostanzial­mente sane».

Lo straniamen­to del labirintic­o succedersi di celle dai portoni borchiati, in un restauro conservati­vo non strettamen­te filologico finalizzat­o a ospitare le miriadi di cellette-opere di Imago Mundi infonde una sensazione esaltante: sembra di respirare l’aria del mondo e non quella troppo spesso claustrofo­bica di provincia veneta.

Vento del pianeta che spazza gli antichi lastroni, vento che profuma di ghibli, di sabba sahariana con la mostra di 12 artisti e opere site-specific, ma è un’aria che vuole essere per tutti, per i giovani in particolar­e, perché da loro Luciano Benetton aspetta un’eco: «Vorrei che fossero le scuole e i ragazzi a vivere questo luogo, con curatori giovani anche non profession­isti». E lei – gli chiediamo - che ruolo avrà? «Io? Sarò uno del pubblico» e quel brillio azzurrino si fa più divertito che mai.

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 ?? (Balanza) ?? Il progetto Luciano Benetton accanto alle opere di Imago Mundi alle Gallerie delle Prigioni
(Balanza) Il progetto Luciano Benetton accanto alle opere di Imago Mundi alle Gallerie delle Prigioni
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Le Gallerie delle Prigioni e, a destra, l’architetto Tobia Scarpa
(Balanza) Luoghi Le Gallerie delle Prigioni e, a destra, l’architetto Tobia Scarpa
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