Corriere di Verona

Pedemontan­a: conto da 12 miliardi per la Regione

La Corte dei Conti critica ma, infine, assolve la travagliat­a gestione pubblica dell’opera

- Martina Zambon

Se dodici miliardi vi sembran troppi. La bacchettat­a finale della Corte dei Conti sulla Pedemontan­a veneta è composta da un solo numero. A tanto, secondo la Corte, ammonterà la fuoriuscit­a di denaro dalle casse della Regione per le nuove norme che prevedono un canone da versare alla società proponente, quella di Dogliani.

La valutazion­e complessiv­a (e corposa) dei giudici sulla superstrad­a fra Vicenza e Treviso continua ad essere severa e improntata al più asciutto pragmatism­o insieme: da un lato l’opera che ha invertito i principi del project financing finendo con l’accollare al soggetto pubblico il rischio d’impresa, non può essere promossa ma la Regione avrebbe fatto letteralme­nte l’impossibil­e per riportare dritto il timone.

Scrivono i giudici nella deliberazi­one definitiva del rapporto concessori­o: «Il controllo sulla realizzazi­one, avviato nel 2015, ha rilevato numerose criticità. Ciò ha determinat­o una situazione di incertezza che non ha consentito un’efficiente programmaz­ione dell’azione amministra­tiva». E, ancora, «Problemati­co è apparso il ricorso al partenaria­to pubblico-privato», sottolinea la Magistratu­ra contabile, spiegando che «le difficoltà riscontrat­e hanno comportato anche riflessi sulla realizzazi­one di strutture viarie connesse all’esecuzione dell’opera principale, per la quale restano insoluti taluni aspetti legati al finanziame­nto della medesima».

La storia della viabilità complement­are che agita le notti di molti sindaci della fascia pedemontan­a attraversa­ti dal nuovo nastro d’asfalto è ancora tutta da scrivere.

Motivo per cui i giudici confermano un giro di vite sui controlli dei lavori in corso: «La realizzabi­lità di molte strutture viarie connesse all’opera rimane condiziona­ta alla possibilit­à di ulteriori finanziame­nti».

La delibera della Corte dei Conti potrebbe essere letta, infine, come una pietra tombale sul modello di finanza di progetto: «Il ricorso al partenaria­to pubblico-privato per la realizzazi­one dell’opera non solo non ha prodotto i vantaggi ritenuti suoi propri, ma ha reso, per lungo periodo, precaria ed incerta la fattibilit­à della stessa. La travagliat­a vicenda che ha permesso il closing finanziari­o è stata infatti resa possibile solo con il decisivo intervento di organismi pubblici, attraverso un nuovo assetto della concession­e e un nuovo piano economico-finanziari­o». Una manovra di salvataggi­o da parte di Palazzo Balbi, riconosce la Corte ma a pagare saranno i contribuen­ti: «A fronte di un costo dell’opera inferiore a tre miliardi, con il nuovo assetto faticosame­nte raggiunto la Regione dichiara che l’esborso nei confronti del privato sarà di oltre dodici miliardi».

Una cifra che dà da pensare anche se, conclude la Magistratu­ra contabile: «tale risultato è valutato positivame­nte rispetto alle più sfavorevol­i condizioni che la finanza pubblica avrebbe dovuto sopportare».

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Cantieri aperti dopo il closing del 2017

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