Pedemontana: conto da 12 miliardi per la Regione
La Corte dei Conti critica ma, infine, assolve la travagliata gestione pubblica dell’opera
Se dodici miliardi vi sembran troppi. La bacchettata finale della Corte dei Conti sulla Pedemontana veneta è composta da un solo numero. A tanto, secondo la Corte, ammonterà la fuoriuscita di denaro dalle casse della Regione per le nuove norme che prevedono un canone da versare alla società proponente, quella di Dogliani.
La valutazione complessiva (e corposa) dei giudici sulla superstrada fra Vicenza e Treviso continua ad essere severa e improntata al più asciutto pragmatismo insieme: da un lato l’opera che ha invertito i principi del project financing finendo con l’accollare al soggetto pubblico il rischio d’impresa, non può essere promossa ma la Regione avrebbe fatto letteralmente l’impossibile per riportare dritto il timone.
Scrivono i giudici nella deliberazione definitiva del rapporto concessorio: «Il controllo sulla realizzazione, avviato nel 2015, ha rilevato numerose criticità. Ciò ha determinato una situazione di incertezza che non ha consentito un’efficiente programmazione dell’azione amministrativa». E, ancora, «Problematico è apparso il ricorso al partenariato pubblico-privato», sottolinea la Magistratura contabile, spiegando che «le difficoltà riscontrate hanno comportato anche riflessi sulla realizzazione di strutture viarie connesse all’esecuzione dell’opera principale, per la quale restano insoluti taluni aspetti legati al finanziamento della medesima».
La storia della viabilità complementare che agita le notti di molti sindaci della fascia pedemontana attraversati dal nuovo nastro d’asfalto è ancora tutta da scrivere.
Motivo per cui i giudici confermano un giro di vite sui controlli dei lavori in corso: «La realizzabilità di molte strutture viarie connesse all’opera rimane condizionata alla possibilità di ulteriori finanziamenti».
La delibera della Corte dei Conti potrebbe essere letta, infine, come una pietra tombale sul modello di finanza di progetto: «Il ricorso al partenariato pubblico-privato per la realizzazione dell’opera non solo non ha prodotto i vantaggi ritenuti suoi propri, ma ha reso, per lungo periodo, precaria ed incerta la fattibilità della stessa. La travagliata vicenda che ha permesso il closing finanziario è stata infatti resa possibile solo con il decisivo intervento di organismi pubblici, attraverso un nuovo assetto della concessione e un nuovo piano economico-finanziario». Una manovra di salvataggio da parte di Palazzo Balbi, riconosce la Corte ma a pagare saranno i contribuenti: «A fronte di un costo dell’opera inferiore a tre miliardi, con il nuovo assetto faticosamente raggiunto la Regione dichiara che l’esborso nei confronti del privato sarà di oltre dodici miliardi».
Una cifra che dà da pensare anche se, conclude la Magistratura contabile: «tale risultato è valutato positivamente rispetto alle più sfavorevoli condizioni che la finanza pubblica avrebbe dovuto sopportare».