Rezza-Mastrella Leoni d’Oro di scena al Nuovo
Conquistato il Leone d’oro alla carriera per il teatro, la coppia di artisti ripropone il suo primo spettacolo, nato 30 anni fa ma che ancora appare d’avanguardia «Alleniamo la memoria come un muscolo. E lo facciamo tornare in pista»
Antonio Rezza e Flavia Mastrella, meglio noti come RezzaMastrella, tornano in scena a Verona con in tasca i Leoni d’oro alla carriera per il Teatro 2018. Un premio importante per l’inimitabile duo istrionico, di cui sono stati insigniti dalla Biennale di Venezia. «Antonio Rezza e l’artista che fonde totalmente, in un solo corpo, le due distinzioni di attore e performer, distinzioni che grazie a lui perdono ogni barriera, creando una modalita dello stare in scena unica, per estro e a tratti per pura, folle e lucida genialita – si legge nella nota esplicativa del premio - Flavia Mastrella è l’artista che crea spazi scenici che sono forme d’arte che a sua volta Rezza abita e devasta con la sua strepitosa adesione; spazi che abita e al tempo stesso scardina, spazi che diventano oggetti che ispirano vicende e prendono vita grazia alla forza performativa del corpo e della voce di Rezza. Da questo connubio sono nati spettacoli assolutamente innovativi dal punto di vista del linguaggio teatrale». Esempio della loro genialità espressiva sono le tredici opere teatrali firmate a quattro mani, i cinque film lungometraggi, una serie sterminata di corto e medio metraggi, programmi tv e performance surreali. «Pitecus» (che in latino rimanda un genere di scimmia), in scena stasera al Teatro Nuovo, è il loro primo spettacolo, nato oltre trent’anni fa contemporaneamente al loro sodalizio narrativo. «Ogni opera è una macchina scientifica che funziona alla perfezione – precisa Antonio – basta una revisione alla memoria, che va allenata come un muscolo, e può tornare in pista. Anche perché qui non si tratta d’imparare: è uno spettacolo che è stato ideato in toto da me e Flavia, quindi conosciamo già tutto di lui, ogni sfumatura e potenzialità». Nonostante l’età drammaturgica, resta un racconto all’avanguardia, grazie alle tematiche delicate affrontate senza sconti di aggressività, ai toni guasconi e sarcastici, nonché alla bidimensionalità applicata alla persona, che riesce a trasformare il palcoscenico in un museo.
Lei crea l’habitat (mai chiamarla scenografia di fronte a loro due), lui lo vive. Anzi vive tutto, dentro e fuori dalla scena. A dividere il pubblico dall’attore c’è un filo di panni stesi, da intendere come casolare in cui abitano e sbucano i protagonisti degli sketch e come quadri in cui prendono vita caricature e cliché in un microcosmo disordinato e a trat-
ti macchiettistico. Una carrellata di debolezze si dipana sul palco, rendendo l’uomo un essere non così tanto evoluto quanto la scienza vorrebbe farci credere. Rezza, da solo, riesce ad affollare di personaggi, dialetti e caratteri una platea intera e mentre è all’ennesimo sillogismo, il pubblico è ancora concentrato su quello detto poc’anzi per cercare di coglierne il senso, salvo voi rendersi conto di come ciò che sembra follia pura, in realtà non è che la razionalità snocciolata a tavolino. La forma prende il sopravvento e carica di bellezza anche il più semplice movimento fisico. L’attore diventa una scultura vivente nel mezzo delle opere plastiche di Flavia Mastrella: basta un tessuto per creare significato, a cui ogni spettatore può dare un’etichetta personale. «Siamo per la libertà d’interpretazione – specifica la voce femminile della coppia – e per la sintesi». Dietro ogni opera firmata in combo c’è un percorso individuale, idee che prendono vita in modo a sé stante e che poi vengono unite in una summa di parola e coreografia. «I quadri di scena sono insieme costumi e architettura, determinano i personaggi e sono prêt-à-porter, da usare, indossare, stropicciare», spiega Flavia. A tutta la poesia sagace, fisica e dissacrante ci pensa Antonio con le sue mille voci, mostrando con sano cinismo quanto può essere sorprendente la rivelazione di quel che c’è proprio davanti al nostro naso.