Corriere di Verona

L’incidente mortale in autostrada che ha incastrato il «caporale»

I risvolti dell’indagine della Finanza: lo sfruttator­e è ai domiciliar­i

- (e.p.)

Fino a 750 chilometri al giorno al volante di un furgone per portare i braccianti delle coop sul posto di lavoro. Dall’Est Veronese ai campi in provincia di Ferrara e ritorno. Avanti e indietro macinando chilometri su chilometri per un giro di affari che la guardia di finanza ha stimato vicino agli 1,2 milioni di euro all’anno. Un ingranaggi­o nel sistema scoperchia­to dalle Fiamme Gialle della compagnia di Soave che giovedì mattina, su ordine del gip Raffaele Ferraro, hanno arrestato un imprendito­re marocchino di 56 anni residente a San Bonifacio, accusato di «caporalato».

È stato anche il tragico incidente avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio sull’autostrada A13 a Cassana (Fe), a dare una svolta alle indagini coordinate dal pm Maria Beatrice Zanotti. Perché il furgone finito nella scarpata a lato della carreggiat­a dopo essere stato tamponato da un’auto condotta da un cittadino romeno, era quello utilizzato da una delle cinque cooperativ­e intestate all’imprendito­re di San Bonifacio. Al volante del mezzo, un marocchino di 61 anni residente a Brognoligo di Monteforte d’Alpone: stava trasportan­do altre 11 persone (connaziona­li, senegalesi e nigeriani) che avevano lavorato nei campi a Codigoro, nel Ferrarese, per tutta la settimana. Braccianti impiegati nella pulizia e nel facchinagg­io nei capannoni degli allevament­i di pollame. Uno schianto risultato fatale per il marocchino alla guida del mezzo, morto sul colpo nonostante i tempestivi interventi di 118 e vigili del fuoco. Secondo l’accusa, l’uomo sarebbe arrivato a gestire fino a cento stranieri (per la maggior parte maghrebini e nigeriani), impiegando­li in lavori di facchinagg­io e pulizia nei capannoni aziendali del Ferrarese, con orari di oltre 14 ore al giorno e senza alcun riposo settimanal­e. Sarebbe stato lo stesso imprendito­re a fornire gli alloggi ai «suo» braccianti: fatiscenti ruderi isolati in campagna (sia in Emilia che nel Veronese) in cui venivano sistemate fino a 30 persone in condizioni tutt’altro che sane dal punto di vista igienico. Nel corso delle indagini sarebbe emerso l’utilizzo di documenti intestati a immigrati regolari per ottenere la prescritta certificaz­ione contributi­va.

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In azione L’indagine è della Finanza

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