Asco, dopo la sentenza scatta il nuovo attacco: «Stop al piano Marchi»
In campo il segretario del Pd: «Ora cambiare rotta»
«Il Consiglio di amministrazione di Asco Holding si dimetta per come ha gestito il tentativo di arrivare a una fusione con la Asco Tlc». «No, il Cda non c’entra perché i padroni sono i sindaci e nell’assemblea del 26 marzo si sono espressi in quella direzione».
Il giorno dopo la sassata tirata dal Tribunale amministrativo regionale, con la sua sentenza nettamente avversa al progetto di aggregare nella Holding la controllata Tlc, le acque a Pieve di Soligo sono ancora molto agitate. Il ricorso presentato dal socio privato Plavisgas (8,6%) contro 26 dei 90 sindaci - che detengono il 91% della Holding - accusati di aver consapevolmente deliberato a favore di una soluzione impropria (la fusione con la Tlc, appunto) per superare la riforma Madia, è andato nel senso sperato dal ricorrente e ora bisogna rimettere in ordine i pezzi. Possibilmente con una certa rapidità, perché il termine ultimo per farlo è il 30 settembre.
L’alternativa, come si va discutendo da molti mesi, è una «fusione inversa» nella AscoPiave, società quotata e vero produttore di ricchezza del gruppo grazie alla rete di distribuzione del gas, sulla quale i privati di Plavis insistono da sempre. Per avere la possibilità, dicono i detrattori contrari, di monetizzare in borsa i plusvalori maturati, ma introducendo così il rischio di aprire le porte a speculatori privati e compromettere il controllo pubblico di un’azienda molto profittevole. Il bilancio 2017 consegna un utile netto di AscoPiave vicino ai 50 milioni e la proposta di distribuire tra i soci 40 milioni di dividendi.
Fra i sindaci che parteggiano per questa via, giudicando impercorribile la strada Tlc, non manca chi intende citare i colleghi antagonisti per i danni che l’incertezza ha comportato relativamente al valore delle azioni AscoPiave, da cui giungono i ghiotti dividendi per le casse comunali. Gli attriti reciproci si sono dunque stratificati e dal confronto fra soci, condizionato anche dalla politica (una questione di rapporti interni alla Lega e tra Lega e Pd, peraltro nemmeno nitida), la dinamica si è trasferita agli avvocati.
«Non è tempo di battaglie legali – è il monito lanciato ieri dal segretario Pd di Treviso, Giovanni Zorzi – ma che tutte le parti in causa si assumano piena responsabilità nei confronti dei cittadini. Non possiamo correre il rischio che vengano privati di un bene come Asco». Fermo restando che, per Zorzi, una indicazione chiara ora c’è: «La sentenza indica che serve un deciso cambio di rotta rispetto al percorso fin qui seguito, alle modalità con cui è stata gestita la società e ai disegni di sviluppo prospettati dalla Finint di Enrico Marchi». Finint, cioè la società nominata dal Cda della Holding come consulente, con il compito di tracciare un progetto compatibile con le richieste della riforma Madia e che preservi al meglio la società. Un progetto, però, che l’assemblea del 26 marzo aveva orientato nella direzione ritenuta ora impercorribile dal Tar. E adesso? Può essere considerato ancora Finint un advisor «sereno», data anche la posizione pro Tlc espressa vigorosamente da Marchi in alcune riunioni di zona con i sindaci?
«Chi ha fomentato tutto questo è stato il Cda – sostiene Marco Della Pietra, sindaco di Spresiano della frangia pro fusione con Ascopiave – e l’advisor se l’è scelto da solo. Mi aspetto che il board tragga le dovute conseguenze». Cioè dimissioni, come dice anche Ruggero Feltrin, altro oppositore, sindaco di Trevignano. «Il presidente non può nemmeno trincerarsi dietro il “me l’ha detto l’assemblea”, specialmente per il modo in cui l’ha condotta». Invece è proprio così che Giorgio Della Giustina, numero uno della Holding, ribatte: «Il Cda non ha mai dato indicazioni, comandano i sindaci. Riparleremo di tutto nel consiglio di martedì prossimo».