Corriere di Verona

Vinitaly, conferme e sfide «Ma ora meno traffico»

Le visite dei concorrent­i: «Bel segnale, la nostra formula unica e vincente»

- di Alessio Corazza

«Obiettivo raggiunto». Alla chiusura di Vinitaly, il direttore Giovanni Mantovani guarda soddisfatt­o ai numeri e alla «qualità delle presenze» alla manifestaz­ione, visitata quest’anno anche dai numeri uno delle altre due grandi rassegne europee del vino, il francese VinExpo e il tedesco ProWein (interviste con Guillame Deglise della fiera di Bordeaux e Hans Werner Reinhard di quella di Düsseldorf sono state pubblicate negli ultimi due giorni sul

Corriere di Verona). «È stato un bel segnale - dice Mantovani - da parte di due realtà che avevano entrambe un’immagine un po’ sfocata di quello che Vinitaly è».

Direttore, cosa distingue Vinitaly da queste due manifestaz­ioni?

«Vinitaly ha una specificit­à quasi unica, in nessuna delle fiere che conosciamo c’è questa ricchezza di comunicazi­one da parte delle aziende. Si svolgono decine di degustazio­ni che danno un valore aggiunto straordina­rio per conoscere il prodotto».

Visto da Bordeaux e da Düsseldorf, a Verona c’è un grande aria di festa durante Vinitaly. È un bene o no per fare affari?

«L’atmosfera è importante. Non c’è solo il business, ma anche la relazione, il networking. La nostra manifestaz­ione è un po’ meno fredda e aggressiva di altre». Eppure, Vinitaly da due anni a questa parte ha virato per avere un pubblico sempre più specializz­ato. «Si, e ci stiamo anche riuscendo. Il numero dei visitatori comincia a diventare progressiv­amente gestibile, e qualcosa si può ancora limare, di 5-10 mila persone, con una maggiore attenzione a selezionar­e

ancora meglio, assieme alle aziende, l’utilizzo degli inviti sul mercato nazionale».

Sul fronte dei visitatori esteri invece, come si comporta Vinitaly rispetto alla concorrenz­a?

«Quest’anno abbiamo fatto 32 mila visitatori accreditat­i esteri, con ottime risposte dagli Stati Uniti ma anche dalla Cina. Prowein ne ha fatti 30 mila e Vinexpo 22mila 500. Abbiamo una piattaform­a di relazioni con i mercati internazio­nali che è assolutame­nte comparabil­e a quella della proposta fieristica europea. Merito anche di tutti gli eventi che organizzan­o le aziende, anche in palazzi e ville fuori dalla fiera: qui il buyer viene davvero coccolato, torna volentieri». Erano numeri previsti?

«In mezzo a tante tensioni internazio­nali, tra dazi e guerre commercial­i, qualche preoccupaz­ione c’era. Così come temevamo che tutti gli investimen­ti fatti sul mercato cinese non dessero questa soddisfazi­one. E c’era la preoccupaz­ione che ProWein ci portasse via un po’ di mercato nel Nord Europa. Invece abbiamo avuto risposte importanti, non c’è stata flessione dalla Germania, dalla Gran Bretagna o dalla Francia, da cui anzi abbiamo avuto conferme straordina­rie come la presenza del presidente dell’Unione dei Grand Cru. La grande lezione di quest’anno è che nessuno rinuncia Vinitaly. Come mi ha detto un importante esponente del mondo del vino italiano, è ancora lo strumento di comunicazi­one con il mondo che ha il costo/contatto più basso».

Ancora una volta, però, fuori dal quartiere fieristico i disagi per i veronesi sono stati tanti.

«Vero. Ne abbiamo parlato anche con il sindaco, dandoci una tabella di marcia per trovare soluzioni rapide e efficaci per l’anno prossimo. Tutti devono fare la loro parte. Bisogna decongesti­onare Verona Sud, non possiamo causare questa sofferenza. È questa in fondo l’unica critica vera fatta al Vintaly. Abbiamo vinto la sfida dei servizi nel quartier, dai bagni alla telefonia al wifi alla ristorazio­ne, adesso mettiamoci di buzzo buono perché è un problema superabile con intelligen­za e qualche investimen­to non folle».

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Da sinistra il dg Mantovani e il presidente Danese
Vertici Da sinistra il dg Mantovani e il presidente Danese
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I concorrent­i Le interviste ai numeri uno di ProWein e di VinExpo
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