Serit, i terreni ora rischiano il sequestro
La Suprema Corte: «Fondato il ricorso della procura, Riesame da rifare»
Ennesimo ribaltone sulla vicenda Serit. Stavolta ci pensa la Cassazione a riaprire il caso, in particolare la partita sul sequestro di terreni e immobili. E ora, a spuntarla, è la procura.
Ennesimo ribaltone VERONA sulla vicenda Serit. Stavolta ci pensa la Cassazione a riaprire il caso, in particolare la partita sul sequestro di terreni e immobili. I giudici della Suprema Corte hanno accolto l’impugnazione della procura e annullato in toto l’ordinanza che aveva bloccato i sigilli chiesti dal pm Beatrice Zanotti: «Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento» sancisce la sentenza pubblicata ieri. Da Roma, gli atti sono stati immediatamente trasmessi a Verona, dove «il Riesame hanno decretato gli Ermellini nelle 10 pagine di provvedimento - dovrà emettere una nuova deliberazione».
Per due volte su due, prima dal gip e poi anche dal Tribunale del Riesame, era infatti stato acceso nel 2017 il semaforo rosso al sequestro preventivo dell’area in località Testamatta su cui Serit (società di cui è proprietaria per il 99,74% l’Amia, a sua volta dell’Agsm) intende realizzare un nuovo quanto contestato impianto per lo smaltimento dei rifiuti. Un progetto che, oltre a catalizzare proteste e ricorsi, è finito anche al centro di un’inchiesta in procura per abuso d’ufficio con sei nomi iscritti sul registro degli indagati: oltre all’ex presidente Roberto Bissoli (sostituto da alcuni mesi da Massimo Mariotti) si tratta di Giannantonio Parolini, Maurizio Alfeo, Carlo Poli, Andrea Miglioranzi e Gregorio Giovane. A luglio 2017 il gip, rigettando i sigilli, aveva escluso che Serit fosse un organismo pubblico. Una lettura a cui la procura si era subito opposta facendo ricorso al Tribunale del Riesame di Verona. E anche il Comune di Rivoli, con una memoria scritta, era poi tornato a chiedere i sigilli. Istanze a cui però anche il Riesame aveva detto no: rigettando il ricorso dell’accusa i giudici collegiali avevano ritenuto «non integrato il fumus commissi delicti» sulla base della considerazione che «Serit non è un organismo di diritto pubblico secondo la definizione normativa contenuta nel codice appalti, trattandosi di società con fini di lucro, non istituita in vista di soddisfacimento di esigenze di interesse generale ma, al contrario, sorta come impresa privata e, successivamente, divenuta interamente partecipata da capitale pubblico».
Il pm però non si era arreso e aveva riproposto la questione in Cassazione: per la prima volta, a spuntarla è ora proprio la procura in quanto «si rende necessario - hanno motivato nero su bianco i giudici nella sentenza - qualificare in maniera più puntuale il vincolo, nato come contratto di appalto nel 2003, tra Serit srl, società di diritto privato a totale partecipazione pubblica operante nel settore della gestione dei rifiuti e il Consorzio dei Comuni; qualificare la natura dell’attività esercitata, ove diretta al soddisfacimento di un “interesse generale”, nonché la natura del “bisogno”, commerciale o industriale o meno». E non è finita qui, perché bisognerà inoltre «verificare se Serit srl operi in condizioni di mercato “garantite”, per non dire monopolistiche, sottratta alla concorrenza». Tutte questioni su cui «il Tribunale di Verona ha ritenuto di non prendere posizione» motivando che «occorre assumere un cauto contegno». Ma «il mancato approfondimento del Tribunale con le problematiche evidenziate, impone l’annullamento del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti a Verona per nuova deliberazione». Una decisione in base a cui, di fatto, terreni e immobili ora rischiano il sequestro.