COSÌ NON SI RIPUDIA IL FASCISMO
Ariprova che le tragedie della storia si ripropongono in farsa, dopo Padova anche a Vicenza arriva la delibera n.14 del 3 aprile 2018 la quale impone ai richiedenti l’uso di uno spazio pubblico comunale l’obbligo di dichiararsi antifascisti. Chiunque intende «affittare» una porzione di marciapiede, piazza o via superiore al mezzo metro quadrato, contestualmente al pagamento del canone, deve impegnarsi a «riconoscersi nei principi fondamentali della Costituzione Italiana e dello Statuto Comunale e ripudia il fascismo la cui riorganizzazione è vietata sotto qualsiasi forma dall’ordinamento giuridico». Ne sono esclusi gli esercizi commerciali. L’obbligo vale per tutti, saltimbanchi, madonnari, artisti di strada, organizzazioni culturali, tenutari di mostre ambulanti e gruppi musicali, per tutti coloro cioé che, non vendendo frutta o formaggi, ambiscono comunque ad uno spazio pubblico per divulgare idee, suoni, immagini o magari solo mettere in mostra se stessi.
A tutti è fatto obbligo di rendere pubblica e preventiva fede di antifascismo. E non limitatamente al metro di strada che occupano o per quello che intendono farci sopra, l’impegno - per come è scritto - va inteso in modo estensivo, si presume esercitato in coscienza, ovunque e dovunque, in camera da letto come sul pubblico selciato. Qui non si chiede di non peccare, si chiede di essere mondi.
Anche perché per i «peccati» di apologia o ricostituzione del Partito nazionale fascista c’è già la legge Mancino, mentre qui non basta: ai cittadini in cerca di plateatico è richiesto di inginocchiarsi al confessionale del municipio e dichiarare le proprie inclinazioni ideologiche, anche quelli che non ne hanno alcuna.
A Padova l’editto ha già provocato qualche tortuosità: stante il sospetto di fascismo e turbamento dell’ordine pubblico, la presentazione del fumetto sul martirio della studentessa istriana Norma Cossetto infoibata dai titini è stata vietata il 20 del mese scorso. Agli organizzatori mancava l’impegno antifascista. Impegno assente ma subito trovato: per raccontare la tragica storia della studentessa infoibata dai titini agli organizzatori è bastato infatti trovare un prestanome e il permesso è stato concesso. Un caso di antifascismo per interposta persona e di antifascisti a propria insaputa.
Il ventennio obbligava i professori universitari a giurare fedeltà al regime e chi non lo faceva era escluso dalla cattedra, a Vicenza e a Padova cambia l’ordine degli addendi - il plateatico al posto della cattedra e l’antifascismo al posto del fascismo - con risultati francamente umoristici: tutti, performers, influencer e ogni innocente perdigiorno è tenuto a prendere le distanze dal fascismo se vuole dire la sua su una porzione di piazza.
Mettiamo che uno voglia mettere su una ricostruzione storica sull’Opera Maternità e Infanzia; costui dovrà dire che, sì, magari l’idea era ottima, ma chi l’ha voluta è una schifezza, buona anche l’abbronzatura dei bambini che prendevano il sole sulle spiagge a Jesolo durante il Ventennio, ma la crema solare era fascista e faceva male.
A Colonia, in questi giorni, è visibile una mostra sulla gioventù hitleriana con foto scattate durante un raduno tenutosi a Francoforte nel 1936, una specie di Woodstock nazista. Non risulta che le autorità tedesche, molto attente in questi casi, abbiano chiesto la patente di antinazisti.
Da noi, a Vicenza e a Padova, serve per una rassegna su Stanlio e Ollio e, ad abundantiam, per proiettare «Il grande dittatore» di Chaplin, indispensabile poi nel caso si voglia rievocare la fine di Norma Cossetto.
Naturalmente uno può sempre mentire. Ed è qua che il tribunale delle coscienze, implacabile in prima istanza, rischia di ingarbugliarsi nelle sedute successive.
Mettiamo che voglio suonare Wagner in piazza (in Israele è proibito ma non da noi) e che per farlo mi dichiaro antifascista. In realtà non lo sono. scoperto – dio sa come, ma la polizia ideologica ha le prove – vengo denunciato dal Comune per falso in atto