Corriere di Verona

Pd senza guida da dieci mesi E i due aspiranti segretari se le cantano su Facebook

Botta e risposta tra Pernice e Marconi: a Verona l’accordo è lontano

- Lillo Aldegheri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Botta e riposta via Internet tra i due candidati alla segreteria provincial­e del Pd, rimasti «ingessati» per mesi e mesi dopo che il Congresso era stato bloccato per tre ricorsi presentati alla Commission­e Nazionale di Garanzia.

Il congresso, alla fine dello scorso anno, aveva visto arrivare prima la renziana Valeria Pernice, col 48 per cento dei voti, ma Claudio Marconi (area Orfini) e Massimo Lanza (area Orlando) avevano combinato insieme il 52 per cento, alleandosi ed indicando il primo per la segreteria.Dal 15 dicembre è poi rimasto tutto assolutame­nte immobile, mentre il Pd scaligero è senza segretario dal giugno scorso, quando si era dimesso Alessio Albertini, dopo la sconfitta alle comunali.

Adesso il duello si riapre via web. Valeria Pernice racconta in un post su Facebook di aver proposto inutilment­e una gestione unitaria: «La proposta, fatta subito dopo il congresso, – scrive - non era campata per aria, avevo chiesto di scrivere insieme dei punti da realizzare, con una scadenza per verificarl­i e, se al termine non li avessimo realizzati, tutti casa. Non accettaron­o, - aggiunge dicendo che si doveva arrivare al voto in assemblea». Poi c’era stato appunto il ricorso con tre quesiti alla Commission­e di Garanzia nazionale, e dopo ancora la ricerca, racconta la candidata renziana, «di un assetto del Partito che riunisse le anime che hanno espresso me e Marconi (e che sono in maggioranz­a sia regionale che nazionale), per decidere chi deve fare il segretario. Poi, risolto tra noi questo nodo, aprire a Lanza per una gestione comunque unitaria». Pernice cita infine le dichiarazi­oni di Vincenzo D’Arienzo al nostro giornale («È l’Assemblea provincial­e che elegge il segretario e negarlo significa annullare la ragion d’essere del partito e chi ha partecipat­o al voto congressua­le potrebbe anche offendersi») per dire che quella frase «forse ci ha tolto ogni dubbio».

Immediata la replica di Marconi, anche lui attraverso Facebook. L’assessore legnaghese riepiloga quanto accaduto da un diverso punto di vista: «La mia mozione – spiega – puntava a superare gli steccati (più Pd meno tribù interne) e a seguito del risultato elettorale mi sembra ancora più valida oggi la proposta di una sintesi unitaria in cui tutte e tre le mozioni abbiano pari dignità: in questo – dice Marconi rivolgendo­si alla Pernice - non condivido la tua proposta di un accordo tra noi due da allargare poi in un secondo tempo a Massimo Lanza. Per cui – conclude - sono disponibil­e già da domani a sedermi ad un tavolo insieme con te e Massimo Lanza, e nel frattempo farò di tutto perché da Roma ci diano il via per fare l’assemblea». Traducendo in parole semplici: Pernice propone un accordo tra lei e Marconi (accordo in cui la renziana sarebbe in maggioranz­a), mentre Marconi propone un accordo a tre (in cui in maggioranz­a ci sarebbe lui).La battaglia continua, quindi. Mentre l’ex vicesegret­ario provincial­e Marco Burato scrive che «tutti gli iscritti stanno chiedendo che fine abbia fatto il congresso e quindi la loro volontà».

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