Save, il raddoppio di Venezia rende sostenibile il debito bancario
Save, si basa sul raddoppio dei passeggeri a Venezia il piano di restituzione dei 440 milioni di prestiti bancari serviti a Marchi e ai fondi alleati per l’acquisizione. I viaggiatori dell’aeroporto «Marco Polo» che salgono dai 9,7 milioni del 2017 ai 20,6 del 2040, con un +3,3% di crescita media annua. Basata sull’assunto di aver concluso entro il 2026 gli investimenti sul Terminal 2, fondamentale, grazie all’espansione dei ricavi commerciali, per far crescere il fatturato a Venezia fino al 2040 in media del 5,8% l’anno. Ma una crescita «importante» viene prevista anche a Treviso, dove tra aumento di passeggeri, tariffe e ricavi non aeronautici fino al 2040 si prevede un aumento del margine operativo lordo in media del 5% l’anno, sulla base di un aumento dei ricavi in media del 2,8% l’anno fino al 2052.
I dati emergono dal progetto di fusione in Agorà, rinominata poi Milione, delle altre società-veicolo che custodivano le azioni della società aeroportuale, con cui la nuova proprietà - i fondi francese Infravia e tedesco Infrahub di Deutsche Bank, ciascuno con il 44%, e la Sviluppo 87 della Finint di Enrico Marchi con il 12% - ha semplificato la catena di controllo su Save dopo l’Opa e l’uscita dalla Borsa nel 2017. L’operazione, avviata il 1. febbraio con l’assemblea di Milione, il veicolo creato da Marchi e dai fondi per acquistare Save, si è chiusa in tempo per la prima assemblea dei soci Save con il nuovo assetto, tenutasi giovedì. Da cui è uscito un dato rilevante per il nuovo corso: i 60 milioni di euro di dividendi, il 57% in più rispetto ai 38 del 2016, a fronte di un fatturato consolidato di 199 milioni (+5,8% sui 188 del 2016) e d’un utile netto di 50,1 (+19,2% rispetto a 39,8).
Dato rilevante, perché stabilisce la dimensione delle risorse che saranno estratte per far fronte ai prestiti bancari serviti ad un’acquisizione costata nel complesso, secondo i dati riepilogativi del progetto di fusione, 1.162 milioni. Anno dopo anno, con i dividendi, secondo il progetto di fusione, i 440 milioni saranno interamente restituiti nel 2033.
Il dettaglio del quadro finanziario è sviluppato nel cosiddetto Piano MergeCo, com’è stato chiamato lo schema economico-finanziario per il primo periodo di alleanza 20172022, costruito lo scorso con il Piano industriale Save 20172053 (anno in cui scade la concessione di Treviso), riapprovato poi dai nuovi proprietari a dicembre 2017.
E i dividendi sono l’architrave del piano MergeCo, che si basa, come dice il Progetto di fusione, «sull’assunzione ipotetica che Save distribuisca dividendi alla controllante». Dividendi, si aggiunge, «che rappresentano pressoché l’unico flusso finanziario in entrata». Così le cedole serviranno fino al 2020 a pagare prima interessi e oneri dei 440 milioni e in seconda battuta i soci. Poi, dal 2021, scatterà il rimborso parziale delle linee di credito, che farà scendere nel 2022 il debito con le banche a 391 milioni. Con l’assunto che si procederà poi alla rinegoziazione.
Dal piano di fusione si apprende anche che le banche impegnate con i proprietari di Save sono salite da due a 13, dopo che Intesa e Unicredit hanno suddiviso in pool i prestiti con Bnl, Volksbank, Banco Bpm, Bnp Paribas, Credit Agricole Corporate e Credit Agricole Friuladria, Ing, Mediobanca, Mps, Société Générale e Ubi.
Fin qui il quadro del piano. Che rilancia le ovvie domande già emerse l’anno scorso sulla sostenibilità di un’acquisizione gigantesca per le risorse finanziarie e di debito mobilitate. E che pare spingere Save su un percorso di crescita che non può permettersi soste. Perché deve insieme sostenere gli investimenti infrastrutturali previsti, ripagare 440 milioni di debiti d’acquisizione e remunerare gli azionisti. Realistico pensare ad un raddoppio dei passeggeri a Venezia? O la crescita nelle dimensioni previste a Treviso, rispetto ai limiti invocati all’attività dell’aeroporto? E poi: che spazi reali restano in un piano così impegnativo, per lo sviluppo su Verona, mai citata nel Progetto di fusione tra le società a monte di Save, o per il rinnovato interesse per Trieste?
Da Save non arrivano repliche ufficiali. Ma il messaggio che filtra è di massima tranquillità sulla sostenibilità delle previsioni di crescita. E che anzi il problema è semmai contrario: la crescita concreta è superiore al pianificato e costringe ad accelerare sugli investimenti infrastrutturali confermati - per poterla catturare. Tranquillità anche sull’indebitamento: «Abbiamo la fila delle banche fuori dalla porta», è il segnale che giunge.
E problemi non ci sarebbero nell’innestare sul programma Verona, dove l’idea di Marchi è sempre stata che si può estrarre molto valore, o Trieste, se le condizioni operative della gara permetteranno realisticamente di crearne. «Il piano MergeCo evidenzia che si potranno generare flussi finanziari sufficienti per affrontare le obbligazioni del contratto di finanziamento», dice il cda di Milione nella relazione al Progetto di fusione. Anche perché, come spiega sempre il cda, lo scenario avverso di un mancato aumento dei passeggeri è stato comunque preso in esame. E anche ipotizzando viaggiatori stabili dopo il 2022 e la riduzione degli investimenti a un livello «che consenta la manutenzione ordinaria senza impatti significativi di sviluppo», i prestiti sarebbero comunque restituiti.