Corriere di Verona

Il partigiano: «Valsa la pena? Non lo so più»

- D.O.

«Sono fiero di quello che ho fatto. Ne è valsa la pena? Visto tempi che stiamo vivendo, me lo chiedo e non so che rispondere». Lucide e amare le parole di Tiziano Vicentini, quasi 93 anni, uno degli ultimi partigiani (fu attivo nella Brigata Pasubio) rimasti tra Verona e provincia.

Se chiedi quanti ne sono rimasti ancora in vita, la risposta è molto vaga: «Forse un paio, a Verona, qualcuno di più nel resto della provincia». L’età, difficilme­nte consente di prendere parte alle commemoraz­ioni.

Ma lui ha voluto esserci, unico partigiano in una platea, quella della Gran Guardia. Tiziano Vicentini

(foto) ha 92 anni, presto 93. Il che significa che aveva 19 anni il 26 aprile del 1945, quando le truppe alleate arrivarono alle porte di Verona.

Una presenza quasi in disparte, silenziosa, ben lontana dalle prime file, la sua. A chi gli chiede di ricordare quanto è accaduto risponde con poche parole. Poche ma sicure e lucide, in un italiano senza inflession­i dialettali: «La mia memoria non è più quella di una volta e non mi piace ricordare quello che è stato un momento di guerra e di tensione. Ma, sì, sono fiero di quello che ho fatto. Dopo la Resistenza, ho proseguito a fare il militare per la neonata Repubblica, un ruolo che mi ha reso orgoglioso. Ne è valsa la pena? Visto tempi che stiamo vivendo, me lo chiedo e non so che rispondere».

Tiziano Vicentini era attivo nella Brigata Pasubio, protagonis­ta della Resistenza nella Lessinia Orientale e comandata da Giuseppe Marozin, figura controvers­a che fu condannata a morte dallo stesso Cln (la condanna non fu mai eseguita, dopo l’amnistia di Togliatti), in quanto accusato di crudeltà e di mettere a rischio la vita dei commiliton­i e dei civili. Ma tra i componenti della Pasubio in molti hanno ricevuto, dopo la guerra, delle onorificen­ze per atti d’eroismo.

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