«Mai truccata una partita del Chievo»
Calcioscommesse, l’avvocato di Pellissier: «Nessuna prova, ne uscirà pulito»
«Ma quali frodi, non esistono prove. Alla fine da questa storia emergerà una sola verità, e cioè che nessuna partita del Chievo è mai stata aggiustata. Tantomeno dal suo capitano. Sergio Pellissier scende in campo per vincere, sempre». A 24 ore dal rinvio a giudizio del giocatore simbolo del club della Diga, l’avvocato della società Luciano Ruggiero Malagnini è già pronto a pronunciare la sua arringa: «Estraneo da ogni accusa, Pellissier è innocente».
«Ma quali frodi, non +VERONA esistono prove. Alla fine da questa storia emergerà una sola verità, e cioè che nessuna partita del Chievo è mai stata aggiustata. Tantomeno dal suo capitano. Sergio Pellissier scende in campo per vincere, sempre». A 24 ore dal rinvio a giudizio del giocatore simbolo del club della Diga, l’avvocato della società Luciano Ruggiero Malagnini del Foro di Nola è già pronto a pronunciare la sua arringa: «Estraneo da ogni accusa, Pellissier innocente per non aver commesso i fatti contestati».
Eppure, l’accusa ipotizza partite «truccate», puntate illecite, fino a decine di migliaia di euro per un solo match, telefonate e incontri con organizzazioni criminali internazionali, il gruppo degli «zingari». Un caso che si trascina da quasi sei anni. I primi titoli su «Scommessopoli» vennero sparati a nove colonne già a giugno 2011 ma martedì, dopo anni di fango e sospetti, perquisizioni e rimpalli di competenza tra le procure, il gup del Tribunale di Bologna Francesca Zavaglia ha deciso di rinviare a giudizio 31 persone. Tra loro, accanto a ex azzurri del calibro di Beppe Signori, Cristiano Doni e Stefano Mauri, spiccano oltre a Pellissier anche i nomi di altri atleti legati a Verona, come l’ex calciatore dell’Hellas Antonio Bellavista, l’ex del Chievo Kewullay Conteh, l’ex dell’Hellas Marco Turati. Tutti, a partire dal 19 giugno, si dovranno difendere al processo dall’accusa di associazione a delinquere pluriaggravata finalizzata alla frode sportiva:«Ma per quanto riguarda le partire del Chievo e il ruolo del capitano Pellissier, non esiste una sola prova di colpevolezza. Nessuna. Inoltre - continua nella sua difesa a spada tratta l’avvocato Malagnini - non va dimenticata l’esistenza di un conflitto di competenza tra i Tribunali di Bologna e Cremona».
Avviata inizialmente in Lombardia, infatti, l’inchiesta venne poi trasferita ad aprile 2017 in Emilia per motivi di competenza territoriale. Poi all’inizio del mese, nell’udienza del 5 aprile, il pm Roberto Ceroni ha sollevato un conflitto negativo di competenza, indicando nuovamente Cremona come sede per celebrare il processo, e il gup Zavaglia ha deciso di inviare tutti gli atti alla Corte di Cassazione per dirimere la questione.
In attesa del pronunciamento della Suprema Corte, però, martedì lo stesso gup bolognese ha premuto sull’acceleratore rinviando 31 imputati a giudizio. «Ma la decisione della Cassazione ha la priorità. E siccome si prospettano tempi lunghi, l’attesa del responso degli Ermellini farà ulteriormente slittare il procedimento rendendo sempre più concreta - secondo il legale del Chievo - la possibilità che i reati vengano prescritti». Sette anni fa, il primo a tirare in ballo Pellissier era stato un tabaccaio pescarese, Massimo Erodiani, smentito poi da un odontoiatra marchigiano, Marco Pirani. Successivamente però fu Antonio Bellavista, arrestato insieme agli altri due, ad allargare i sospetti al capitano della Diga. «Non abbiamo mai ricevuto proposte per aggiustare partite, io non sono mai stato contattato da qualcuno e, tra l’altro, Bellavista non lo conosco nemmeno», disse all’epoca Pellissier, che a settembre 2011, dopo essere stato interrogato dal procuratore della Figc Stefano Palazzi, non venne neppure deferito dalla giustizia sportiva. «In pratica sottolinea l’avvocato Malagnini - la giustizia sportiva ha già sancito diversi anni fa che contro il capitano del Chievo non c’è uno straccio di prova. E sottolineo che nella giustizia sportiva, per condannare, non servono prove come in quella penale, bastano semplici indizi. Se esistesse anche solo il sospetto che Pellissier possa aver commesso qualcosa di illecito, sarebbe già stato abbondantemente punito sotto il profilo disciplinare, questo è certo. Invece la giustizia sportiva lo ha assolto da ogni accusa». Ma allora perché il suo nome compare anche in alcune intercettazioni? «Si tratta evidentemente di discorsi fatti da millantatori, gente che getta fango, che spara nomi e cifre. Nulla di concreto» allontana i dubbi l’avvocato Malagnini. Parole che ricalcano quelle giunte da Pellissier nel 2011: «Hanno sparato il mio nome ovunque per fare audience. Troppo facile infangare e poi nascondere la mano. “Pellissier giocatore avvicinabile per taroccare le partite…”. Tutte fandonie. Mai conosciuto questi signori». Nel 2012, si fece sentire anche il patron Luca Campedelli: «Io, per Pellissier, non metto la mano sul fuoco: mi ci è una vergogna: basta che uno faccia il tuo nome e guarda cosa succede». Guardando al futuro, comunque, le previsioni del legale del Chievo sono all’insegna dell’ottimismo:«Il capitano ne uscirà pulito perché non ha commesso reati, mai». Ieri, tra i 31 rinviati a giudizio, ha preso la parola Cristiano Doni, che ha nel suo passato un trascorso a Verona: «Non ho mai brigato per modificare il risultato e lo dimostrerò». getto». Ma il 28 maggio 2012, su mandato di Cremona, scattò una doppia perquisizione a casa del capitano clivense: computer, ipad e pennette usb. Quel giorno, intervenne Camillo Pellissier: «Con Sergio ne avevamo parlato anche poco tempo fa. Mi ha confidato: “Stai sereno, papà, non ho mai fatto niente di male”.Però
Il legale del club della Diga Nessuna partita del Chievo è mai stata aggiustata. Tantomeno dal suo capitano. Sergio Pellissier scende in campo per vincere, sempre