La rabbia delle commesse e quelli che «oggi è l’unità d’Italia»
Il 25 aprile in un centro commerciale è un incrocio di mamme col passeggino («qui c’è il servizio baby sitter»), famiglie ch’evitano la città per paura di perdersi nei tormenti del parcheggio («qui è più comodo e non paghi»), adulti che durante la settimana non trovano il tempo di fare la spesa («colpa del lavoro, mi aggrappo ai giorni festivi»), commesse arrabbiate («sarebbe festa anche per noi, e invece siamo qui, senza peraltro guadagnare il doppio come pensano in tanti») e ragazzi/e che scambiano la ricorrenza per «la festa dell’unità d’Italia» o caso mai «la liberazione dell’Italia dai partigiani». Il centro commerciale è Adigeo, poco fuori il centro di Verona, ma potrebbe essere qualsiasi altro suo «parente». E le scene sono di ieri, in una giornata di afflusso comunque alto, nei due enormi piani dell’edificio in zona industriale. Giornata che le commesse dei tanti negozi raccontano come un mattone da mandar giù. Una di loro, chiedendo l’anonimato («non voglio perdere il posto») racconta: «Siamo quasi tutte e tutti nervosi, chiaro. I titolari hanno il coltello dalla parte del manico, non è che uno può rifiutarsi di lavorare, e anche volendo come si fa avendo un contratto a scadenza? Ricordo le prime raccolte firme quando s’iniziavano a vedere le aperture domenicali: adesso ormai queste giornate di aperture “straordinarie” sono routine accettata a testa bassa. Senza che peraltro ci paghino un solido extra, come sarebbe giusto. Io, per dire, potevo passare la giornata con mia figlia, oggi. E non è facile restare sereni quando entrano clienti che sono pure maleducati. Per il resto la gente che viene qui in un giorno come il 25 aprile sembra fondamentalmente gente annoiata che non sa cosa fare». Non tutta, anzi. Silvia, una mamma veronese, si ferma e dice: «Io chiedo scusa alle commesse, le capisco, ma obiettivamente oggi avevo un’emergenza vestiti per il bambino e in settimana non farei in tempo». Dice Lucia Tisato, altra madre: «Molte mie amiche sono commesse e mi odiano per il fatto di venire qui in un giorno di festa, ma da quando ho mio figlio il centro commerciale è un luogo dove posso anche lasciarlo tre ore, a giocare, e questo aiuta se devi sbrigare acquisti di prima necessità».
Eugenio e Angela, 24 e 25 anni, insistono che «siamo favorevoli alle aperture perché uno ne approfitta per spese che non riesce a fare negli altri giorni». Riflette Michele, padre di famiglia, arrivato lì da Isola della Scala, oltre mezz’ora d’auto dalla città: «Spero paghino gli straordinari alle commesse, per il resto siamo venuti qui perché in città faticheremmo troppo a trovare parcheggio, o a trovarlo gratis». Si fa pure una certa fatica, come detto, a trovare risposte sul 25 aprile. «È la festa dell’unità d’Italia», risponde a colpo sicuro una coppia di ragazzi padovani (in trasferta ad Adigeo perché «non l’avevamo ancora visto»). «È l’Italia liberata dai partigiani... da parte dei partigiani?... no, dai partigiani... che si ritirarono, no?», chiede aiuto un 17enne veronese. «È la liberazione da un regime... quale... eh... non ricordo». E non che cambiasse tanto, la musica, a ripetere la domanda in via Mazzini, centro città, nel corridoio dello shopping. Un gruppo di ragazzini: «È la Liberazione... la Liberazione da.. la Liberazione dagli austriaci». Mica tutti così, eh. Tanti, però.