Riciclaggio, la centrale veronese
Frode fiscale, sequestri per 12 milioni. Il prefetto Mulas: ‘Ndrangheta forte, continua la nostra azione Blitz con 17 arresti. Il capo un crotonese con villa, camion e azienda a Belfiore
Ieri, all’alba, la guardia di finanza di Soave nell’ambito della maxi-inchiesta della procura di Crotone che ha portato alla luce una «agguerrita associazione operante nel settore delle frodi fiscali e del riciclaggio del profitto di reato» ha arrestato Antonio Aversa De Fazio, imprenditore calabrese di 56 anni residente da anni a Belfiore. È ritenuto il promotore dell’associazione. L’indagine ha portato a 17 arresti in totale e al sequestro di beni per un valore di 12 milioni.
Un anno fa l’interdittiva antimafia emessa dal prefetto Salvatore Mulas nei confronti dell’azienda che aveva intestato al figlio. Ieri, all’alba, l’arresto da parte della guardia di finanza di Soave nell’ambito della maxi-inchiesta della procura di Crotone che ha portato alla luce una «agguerrita associazione operante nel settore delle frodi fiscali e del riciclaggio del profitto di reato». Sodalizio di cui Antonio Aversa De Fazio, imprenditore calabrese di 56 anni residente da anni a Belfiore, in via dell’Artigianato, è ritenuto il promotore. Oltre a lui, ora in cella a Montorio, ieri sono state arrestate altre 16 persone (4 in carcere e 12 ai domiciliari) tra le quali anche due dipendenti del Comune di Cutro, accusati di corruzione. Nel Veronese, le Fiamme Gialle hanno posto ai domiciliari anche l’imprenditore Giovanni Pizzimenti, 30 anni originario di Isola Capo Rizzuto, residente a Cologna Veneta e sospettato di essere uno dei tanti complici impegnati nell’emissione di fatture false. Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati beni per un valore di circa 12 milioni. La maggior parte di questi (si parla in totale di 114 camion, rimorchi e veicoli, 18 unità immobiliari e 33 tra conti correnti e polizze) sono intestati ad Aversa De Fazio. Oltre alla flotta da cento mezzi, sono scattati i sigilli per i capannoni delle sue aziende e per la sua villa di Belfiore. «L’operazione conferma la bontà di quanto abbiamo fatto con la nostra interdittiva - ha commentato il prefetto -. Non possiamo mai abbassare la guardia, la ‘ndrangheta è forte economicamente e militarmente. Si tratta di gruppi in grado di fare cose importanti in un territorio e bisogna sempre stare molto attenti. Noi continuiamo a lavorare e non escludo che possa arrivare qualche altra sorpresa».
Era stata proprio l’interdittiva dello scorso anno a mettere in risalto i rapporti di Aversa De Fazio con le ‘ndrine. Ma l’inchiesta «Ciclope» non ha contestato ipotesi di associazione di stampo mafioso, basandosi «solo» sulla frode fiscale e il riciclaggio. Un vortice di carte e documenti che aveva consentito di evadere qualcosa come 5,6 milioni di euro tra Ires, Iva ed Irap dal 2011 al 2016. Il sistema, architettato da Aversa De Fazio, era alimentato dal continuo fiorire di nuove aziende che fatturavano e poi chiudevano. Lui stesso è stato titolare di almeno cinque imprese operanti nel settore del commercio di inerti e dell’autotrasporto. Realtà finite più volte nel mirino: prima i guai con la Euro Inerti e i rifiuti pericolosi sotterrati in un’oasi naturalistica a Ronco all’Adige, poi un’altra indagine (e relativo sequestro) delle Fiamme Gialle per evasione fiscale e infine l’interdittiva dell’anno scorso nei confronti della Afd intestata al figlio. «Concreto e attuale rischio di infiltrazione mafiosa nei confronti della società in questione» riportava il provvedimento del prefetto Mulas, ricordando che Antonio Aversa De Fazio risultava coinvolto in inchieste in cui «è emersa la presenza anche di diversi soggetti direttamente collegati alla criminalità organizzata di stampo mafioso e, segnatamente, contigui alla ‘ndrina Grande Aracri». Quella del boss Nicolino Grande Aracri, coinvolto nella maxi inchiesta Aemilia. «La notizia è grave, considerati il numero degli arrestati, i reati contestati e l’importante sequestro - ha commentato il sindaco di Belfiore Alessio Albertini -. È un fatto che preoccupa, ma come istituzione ribadiamo il nostro impegno a vigilare».
L’inchiesta era nata nel marzo 2015 grazie alle segnalazioni inviate alle Fiamme Gialle calabresi dai colleghi della compagnia di Soave, allertati dalla «nutrita serie» di segnalazioni per operazioni sospette giunte da banche e intermediari finanziari. Così, grazie anche alle intercettazioni telefoniche, è stata scoperta tutta la rete. Aversa De Fazio, rimasto sempre legato al territorio d’origine, avrebbe ordinato ad Alfredo Minervino (altro arrestato) di organizzare il giro di false fatturazioni da emettere nei confronti delle società «veronesi» per aumentare fittiziamente i costi e creare un indebito credito di Iva. Intercettato al telefono con la segretaria (K), l’imprenditore (A) fissava i prezzi. A: «Controlla la fattura che abbiamo fatto a fine ottobre». K:«Minervino aveva fatto ancora in settembre a 7 euro». A: «e fai a 6.70, dai». Una volta che le aziende (tra le quali quella del «colognese» Pizzimenti) incassavano i pagamenti per le false fatture, il denaro veniva fatto sparire dai «riciclatori», finiti ai domiciliari. «Le indagini stanno dimostrando quasi sempre un radicamento qui. La mia richiesta di dedicare a Verona un magistrato della Dda di Venezia dovrebbe essere la logica conseguenza» si è sfogato il senatore del Pd Vincenzo D’arienzo , chiedendo di organizzare gli «Stati generali dell’Anticrimine».
Albertini (sindaco di Belfiore) Notizia grave, che preoccupa, ribadiamo il nostro impegno a vigilare D’Arienzo Va dedicato a Verona un magistrato Dda di Venezia e chiedo Stati Generali dell’anticrimine