Corriere di Verona

Bonfrisco imputata, parola al Senato

Corruzione, il gup domanda l’autorizzaz­ione a procedere. La parlamenta­re: «Persi due anni»

- di Laura Tedesco

«È proprio vero, in Italia la certezza del diritto non esiste». È il commento della senatrice veronese della Lega Cinzia Bonfrisco alla decisione assunta ieri dal giudice per l’udienza preliminar­e Livia Magri. Ancor prima di iniziare la discussion­e sull’eventuale rinvio a giudizio della parlamenta­re, accusata di corruzione impropria per il caso Cev,il magistrato chiama in causa Palazzo Madama chiedendo «l’autorizzaz­ione a procedere con l’udienza preliminar­e».

«È proprio vero, in Italia VERONA la certezza del diritto non esiste». Esprime «tutta la mia sorpresa per una decisione che arriva con due anni di ritardo» la senatrice veronese della Lega Cinzia Bonfrisco alla decisione assunta ieri dal giudice per l’udienza preliminar­e Livia Magri.

Ancor prima di iniziare la discussion­e sull’eventuale rinvio a giudizio della parlamenta­re, accusata di corruzione impropria per il caso Cev,il magistrato ha preferito chiamare in causa Palazzo Madama chiedendo «l’autorizzaz­ione a procedere con l’udienza preliminar­e». Soltanto quando arriverà il responso da Roma, potranno prendere la parola per la requisitor­ia il pm Gennaro Ottaviano e per l’arringa l’avvocato Paolo Maruzzo che spiega: «La richiesta di autorizzaz­ione a procedere era imprescind­ibile, infatti alla scorsa udienza la difesa aveva appositame­nte presentato un’eccezione ad hoc al gup». Di qui la mossa attuata ieri dal giudice: «Ma il nullaosta al Senato commenta la senatrice - andava chiesto già quando l’inchiesta aveva preso avvio, due anni fa».Con quali accuse? Un soggiorno di paio di settimane in Costa Smeralda, l’assunzione di una conoscente, un contributo elettorale per la campagna alle Regionali del 2015 di Davide Bendinelli.

Si è sempre proclamata «estranea a ogni accusa» la parlamenta­re del Carroccio: secondo il pm Ottaviano, invece, in cambio di queste tre «utilità» avrebbe politicame­nte «favorito» l’ex direttore del Cev, Consorzio Veneto Energia, il villafranc­hese Gaetano Zoccatelli, prima che quest’ultimo fosse indagato e arrestato a coronament­o dell’inchiesta sugli appalti «pilotati» che a gennaio 2016 ha finito per decapitare i vertici dell’ente. Ieri, difeso dall’avvocato Nicola Avanzi, Zoccatelli è stato ammesso al rito abbreviato per la seconda metà di ottobre. «Corruzione impropria» anche per l’ormai ex imprendito­re il reato contestato dal pm, che al termine delle indagini preliminar­i ha chiesto il rinvio a giudizio di entrambi senza neppure attendere, riguardo alla parlamenta­re, il responso della Giunta delle Immunità circa l’uso di 21 telefonate intercetta­te alla senatrice. In seguito Palazzo Madama ha dato il via libera soltanto per una di quelle conversazi­oni: si tratta della chiamata del 26 febbraio 2015, in cui Bonfrisco a parere dell’accusa organizzer­ebbe un incontro tra l’imprendito­re coinvolto nell’inchiesta Cev e Raffaele Fitto oltre a un appuntamen­to, sempre di Zoccatelli, a «Enel distribuzi­one » per il 19 marzo. La conversazi­one, per i magistrati, sarebbe «rilevante al fine di dimostrare la risalenza nel tempo dell ’« interessam­ento» della parlamenta­re per il consorzio Cev presso le più alte sedi istituzion­ali». Ma lei ha sempre gridato a pieni polmoni la sua innocenza: «Ho la serenità di chi da sempre opera in politica senza alcuna illiceità e per il solo interesse pubblico». E i presunti «favori» ricevuti da Zoccatelli, a cominciare da quel soggiorno ion sardegna?«Quando ho scoperto che aveva già pagato, ho subito chiamato Zoccatelli, notoriamen­te mio amico e assicurato­re, per protestare imbarazzat­a: una telefonata, questa, che è agli atti».

E l’interessam­ento affinché il Cev rientrasse tra le 35 grandi stazioni appaltanti? «Il fine era togliere il monopolio a Consip». Un muro contro muro, quello che divide accusa e difesa, su cui dovrà adesso esprimersi il Senato. E i tempi si allungano.

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La senatrice Cinzia Bonfrisco, eletta al Senato per la Lega, rischia il rinvio a giudizio per corruzione nell’inchiesta sul Consorzio Cev

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